Un terzo delle emissioni globali di CO2 è legato al cibo

Per contenere il riscaldamento globale occorre ripensare il modo con cui produciamo gli alimenti. Lo afferma una ricerca anglo-americana pubblicata su Science

Di Carla Fabbri

Potrebbero essere le emissioni legate al cibo –  come lo produciamo, consumiamo e sprechiamo –  a portare il pianeta Terra a superare i 2 gradi di incremento della temperatura globale, la soglia da non valicare secondo l’accordo sul clima firmato da tutti i Paesi a Parigi nel 2015. Ad affermarlo uno studio anglo-americano pubblicato sulla rivista Science che ha ipotizzato cosa potrebbe succedere se d’un colpo fossero azzerate tutte le emissioni legate all’impiego di combustibili fossili. Arrivando alla conclusione che a farci superare il limite fissato dagli accordi di Parigi potrebbero essere le emissioni prodotte dal nostro sistema agroalimentare. Una quantità enorme stimata dai ricercatori pari a 16 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno nel periodo compreso tra il 2012 e il 2017.

Attualmente,  infatti , circa un terzo delle emissioni totali di gas serra è legato all’alimentazione, in pratica al modo in cui si produce, si trasporta e si consuma il cibo per i 7,8 miliardi di persone che vivono sulla Terra. Comprendendo  in questa stima anche le emissioni legate  all’uso del suolo, alla deforestazione, all’impiego di fertilizzanti nelle coltivazioni e all’allevamento.

Non solo. Mantenendo l’attuale modello alimentare – avvertono gli studiosi –  la situazione non potrà che peggiorare visto che la popolazione mondiale aumenterà e una percentuale sempre maggiore di persone seguirà diete ricche di proteine animali. Tanto che, in assenza di cambiamenti sostanziali, già nel 2050 le emissioni agricole da sole potrebbero determinare un aumento maggiore di 1,5 °gradi. Uno scenario allarmante che ha una sola via d’uscita: modificare radicalmente il modo in cui produciamo cibo e lo mangiamo, ridurre la quantità di sprechi.

Vari elementi rendono il sistema alimentare attuale così impattante in termini di emissioni

Tra questi le diete molto ricche di carne. Nel corso degli ultimi 30 anni il consumo di questo alimento è passato dai 30,7 kg del 1984 ai 41,3 kg del 2015 (dati Fao), crescita imputabile in gran parte all’aumento registrato nei Paesi in via di sviluppo e in Asia.

Ci sono poi le emissioni legate alle deforestazioni finalizzate alla creazione di nuove superfici agricole da coltivare e quelle connesse alle grandi quantità di fertilizzanti utilizzate nell’agricoltura intensiva.

Per invertire la rotta, secondo lo studio, occorre agire velocemente su più fronti: ridurre il consumo di carne, contenere gli sprechi alimentari, utilizzare meglio il suolo e impiegare modelli agricoli più sostenibili.