Le autorità sottostimano l’impatto di alcune sostanze pericolose: “sono alla base di alti rischi di salute per l’uomo, e tardano ad arrivare i provvedimenti correttivi”
di Leonardo Vacca
Metà delle sostanze chimiche utilizzate sono state definite pericolose per il loro attuale impiego commerciale: sono sostanze che costituiscono un pericolo per la salute delle persone e per l’ambiente, dal momento che vengono utilizzate nei prodotti di largo consumo. Ne sono state studiate 94 sulle 352 individuate dai singoli stati europei per un’analisi approfondita, con l’obiettivo di esaminare la loro sicurezza in relazione all’uso attuale che ne viene fatto, mentre in Europa sono registrate circa 22mila sostanze chimiche. Lo sostiene un rapporto dell’EEB (European Environmental Bureau), la rete europea di ONG ambientaliste, fondata nel 1974 e che ad oggi riunisce circa 150 organizzazioni da oltre 30 paesi diversi.
Il rapporto analizza le azioni dei governi a partire dal 2012, sottolineando che poco è stato fatto per il controllo e la verifica di tali sostanze e che sono state prese poche misure a tutela dei cittadini. Per il 74% dei prodotti confezionati con particolari prodotti chimici, nonostante alcune istituzioni europee siano a conoscenza dei rischi legati alla diffusione di prodotti con particolari materiali, non sono state messe in campo azioni concrete. Secondo l’EEB, l’assenza di provvedimenti è data dalla mancanza dei fondi da stanziare per arginare il problema.
L’analisi completa delle 352 sostanze individuate dalle istituzioni dei singoli stati europei sarebbe dovuta terminare a dicembre del 2018, ma oltre all’assenza dei fondi necessari, viene evidenziato che le compagnie chimiche ritardano a fornire i dati dei propri prodotti, o li forniscono incompleti: al 2018, tre quarti dei fascicoli mostrava mancanze di informazioni sulla sicurezza e solo per un terzo delle sostanze prodotte oltre le 1000 tonnellate tali informazioni erano soddisfacenti. Quando i dati vengono forniti correttamente, l’analisi completa si conclude entro un anno. Quando invece si registrano criticità, il processo per mettere al bando una determinata sostanza può durare fino a 16 anni. Nel frattempo, le compagnie chimiche possono continuare a produrre tonnellate di prodotti all’anno, con possibili danni per la salute dell’uomo e impatti negativi sull’ambiente.
I risultati
Ad oggi, delle 94 analizzate, 46 sono risultate nocive. Tra quelle in attesa di analisi approfondita ci sono, per esempio, il biossido di titanio, sospettato di essere cancerogeno, e il trifenilfosfato, un ritardatore di fiamma che si trova in alte concentrazioni in automobili, case e uffici. A quest’ultimo è stato assegnato, nel 2014, un ordine di priorità d’analisi, ma finora la procedura non è stata ancora completata.
Tra il 2004 e il 2014 le vendite di prodotti chimici sono più che raddoppiate e si stima che raddoppieranno ulteriormente entro il 2030, e quadruplicheranno entro il 2060. Si stima che nel mercato europeo il 60% delle tonnellate di sostanze chimiche sia dannoso per la salute dell’uomo e per l’ambiente e che nel corpo umano circolino circa 300 prodotti chimici artificiali, già dai primi mesi di vita.
L’Europa, dal canto suo, si è impegnata a raggiungere obiettivi concreti sulla sicurezza chimica entro il 2020.