Tracce di pesticidi nel 70% della frutta

Presentato oggi il dossier “Stop pesticidi” di Legambiente. La situazione non migliora: bisogna approvare subito la legge sul bio

Ogni anno in Italia vengono vendute 54 mila tonnellate di pesticidi. È solo uno dei dati contenuti nel dossier di Legambiente presentato questa mattina online, in un dibattito moderato dalla conduttrice tv e ambientalista Tessa Gelisio. Un rapporto che non segna un cambio di passo: la situazione non è migliorata nell’ultimo anno. “Siamo la terza potenza europea per consumo di fitofarmaci”, ha spiegato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, “con migliaia di tonnellate di pesticidi esportate all’estero”.

Il “bicchiere mezzo pieno” è rappresentato dal fatto che comunque, sul complesso degli alimenti esaminati, “la metà dei campioni presenta residuo zero”. Inoltre, “l’incremento della coltivazione biologica, che ha visto raddoppiare la sua superficie, raggiungendo i due milioni di ettari, riduce l’impatto sull’ambiente” e garantisce prodotti privi di pesticidi.

Legambiente chiede, per eliminare definitivamente i pesticidi dalle tavole degli italiani, di “aumentare il livello dei controlli, le verifiche, e alzare fortemente l’asticella”. Come? “Attraverso il piano nazionale dell’utilizzo dei pesticidi, del 2014, che va riadattato in forma più stringente. Le strategie europee Farm to Fork e Biodiversità vanno in questa direzione. Occorrono inoltre una legge sull’agricoltura biologica e una maggiore etica in agricoltura: basta caporalato, stop allo sfruttamento”.

Servirebbero dunque, per ridurre il ricorso a pesticidi, più controlli e un’agricoltura sempre più bio. Melania Farnese di Legambiente ha illustrato nel dettaglio i risultati dell’analisi condotta dall’associazione ambientalista, realizzata in collaborazione con Alce Nero, orientata soprattutto a verificare quanti pesticidi rimangono nel prodotto che arriva in tavola. I numeri? Su 5.835 campioni analizzati, appartenenti a 36 generi alimentari diversi, solo il 52% risulta senza residuo: sono state trovate 165 specie differenti di sostanze attive.

Frutta e verdura: i numeri

La frutta è quella messa peggio, con almeno un residuo nel 70% dei prodotti presi in esame: “Su 1.935 campioni analizzati, quasi la metà contiene più di un residuo. L’89,2% dell’uva da tavola, l’85% delle pere, l’83% delle pesche”, ha spiegato Farnese. “Per quanto riguarda la verdura, con 2.449 campioni analizzati, abbiamo registrato un trend inverso: la maggior parte dei campioni, 1.571, risulta senza residui. Tra i prodotti più contaminati ci sono i pomodori: sono state trovate una o più sostanze nel 55,8% dei casi”.

Preoccupanti sono, secondo l’associazione ecologista, in particolare i dati del multiresiduo, che la legislazione europea considera accettabile anche con numeri alti, purché ogni singolo livello di residuo non superi il limite massimo consentito. Ma le poche ricerche che esistono sul tema evidenziano che l’effetto cocktail potenzia i danni alla salute. I prodotti che arrivano dall’estero confermano la coesistenza di un alto numero di principi attivi: sono state esaminate delle bacche di goji, ad esempio, con ben 10 residui, un campione di curry dalla Malesia ne contiene 5, un the verde dalla Cina è stato trovato con 7 diversi residui.

Occorre liberare l’agricoltura dalla dipendenza dalla chimica per diminuire i carichi emissivi e favorire un nuovo modello che sposi pienamente la sostenibilità ecologica come asse portante dell’economia made in Italy, diventando un settore strategico per il contrasto della crisi climatica”, ha aggiunto il presidente di Legambiente Stefano Ciafani. “Riteniamo anche necessaria una svolta radicale delle politiche agricole dell’Unione, con una revisione della Politica Agricola Comune che superi la logica dei finanziamenti a pioggia e per ettaro per trasformarsi in sostegno all’agroecologia e a chi pratica agricoltura sostenibile e biologica. Le risorse europee, comprese quelle del piano nazionale di ripresa e resilienza, vanno indirizzate all’agroecologia, in modo da accelerare la transizione verso una concreta diminuzione della dipendenza dalle molecole di sintesi pericolose, con l’obiettivo di giungere in Italia al 40 % di superficie coltivata a biologico entro il 2030”.

Il modello bio

“E’ una questione di scelte politiche, che riguarda il futuro del Paese”, ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio. “Il quadro del report evidenzia una situazione di stallo sui residui sugli alimenti che va vista alla luce di un obiettivo strategico, la strategia Farm to Fork e quella sulla biodiversità. E queste indicano che l’obiettivo è il dimezzamento dei pesticidi”. I dati del biologico, in tale quadro, sono incontrovertibili. “Chi dà più garanzie”, ha aggiunto Mammuccini, “è il biologico, anche in termini di biodiversità. Siamo leader in Europa in questo settore: possiamo dare un’opportunità alla nostra agricoltura. La produzione nell’ultimo anno è cresciuta del 2%, il consumo bio del 7%”. La presidente di FederBio ha ricordato come debba essere “tutta la filiera” agricola a cambiare rotta, segnalando il fondamentale contributo che l’agroecologia può rappresentare per questa inversione di tendenza in chiave ecocompatibile: “E’ necessario ridare valore al cibo e all’agricoltore, per un reddito giusto e per una filiera improntata all’etica di tutti i protagonisti della filiera stessa”. Invece – ha sottolineato – la legge sul biologico giace in Parlamento da ormai due anni, e anche il Piano nazionale pesticidi non riesce a vedere la luce: le Commissioni di Camera e Senato dovrebbero in teoria legiferare solo sull’emergenza e si prevede che questa duri ancora a lungo. Peccato, ha ricordato Mammuccini, che nel frattempo le stesse Commissioni trovino il tempo di esaminare i decreti con il via libera agli Nbt, le nuove tecniche genetiche in agricoltura.

All’incontro odierno hanno preso parte anche diversi esponenti politici, impegnati a vari livelli nelle istituzioni: Filippo Gallinella, presidente della commissione Ambiente a Montecitorio; Gianpaolo Vallardi, presidente commissione Agricoltura del Senato; Rossella Muroni, vicepresidente commissione Ambiente della Camera; Susanna Cenni, vicepresidente della commissione Agricoltura della Camera. Alessandro Bratti, direttore generale Ispra, ha riportato alcuni dati sullo stato di inquinamento delle acque e nello specifico della presenza di pesticidi nelle acque: fungidici ma anche una forte presenza di glifosate

Qui il dossier di Legambiente sui pesticidi.