Su un ettaro di terreno coltivato bio al massimo si possono utilizzare 6 kg di rame all’anno. Non così nell’agricoltura convenzionale per la quale non sono previsti limiti. Con il risultato che coltivando con metodi convenzionali se ne usa di più. Le anticipazioni di un’indagine condotta da alcuni agricoltori
di Maria Pia Terrosi
La discussione sul rame e sul suo utilizzo nell’agricoltura biologica va avanti da tempo. L’accusa principale rivolta agli agricoltori bio che lo usano (soprattutto viticoltori) è quella di inquinare i terreni. Questo perché il problema del rame è che si accumula nel suolo diventando dannoso per la microfauna. In realtà il problema rame riguarda tutta l’agricoltura visto che il suo utilizzo non è esclusivo del biologico.
Nel biologico il rame è usato come pesticida naturale: è previsto un limite massimo di impiego pari a 6 chilogrammi per ettaro all’anno e c’è una proposta dell’Unione Europea di abbassare questi limiti a 4 chilogrammi. Ma soprattutto già oggi in molti casi – dipende anche dalle annate – gli agricoltori bio neanche arrivano a utilizzare queste quantità.
Anche l’agricoltura convenzionale utilizza ampiamente prodotti a base di rame. Ma, anche in questo caso, si fanno due pesi e due misure visto che – al contrario di quanto avviene per il bio – per l’agricoltura convenzionale la legge non fissa limiti massimi di utilizzo. Rendendo quindi difficile stabilire quanto rame usa il convenzionale.
E’ proprio quello che ha cercato di fare un gruppo di aziende agricole prima convenzionali e ora passate al bio: capire quanto rame utilizzavano prima coltivando con metodi convenzionali e quanto ne usano oggi con il bio. Hanno quindi calcolato quanto rame era presente nei fitofarmaci che usavano prima verificando le quantità contenute nei prodotti commerciali e il numero di trattamenti medio che facevano nel corso di un anno sui terreni . Ma anche mettendo questa quantità a confronto con utilizzata coltivando bio (e comunque soggetta a limite di legge).
Il risultando emerso dall’indagine – stando alle anticipazioni apparse su Slow Food – è che in passato quando usavano metodi di coltivazione convenzionali le aziende agricole utilizzavano più rame.
Non solo. Nell’agricoltura biologica il rame si impiega come prodotto fitosanitario di copertura. Se applicato sulle superfici esterne delle piante non viene assorbito dai tessuti vegetali ed è pertanto facilmente asportabile semplicemente lavando il prodotto. Nell’agricoltura convenzionale, invece, viene utilizzato anche come fertilizzante per il terreno, pertanto viene assorbito dal sistema pianta.