Gianni Tamino: le misure previste dal Pnrr per il settore agricoltura non sono sufficienti
Assieme a un gruppo di esperti in ambiente e salute ha sottoscritto un documento perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza “ci faccia uscire dalla catastrofe attuale, eviti quelle prevedibili per il futuro e punti sui co-benefici per il clima e la salute derivanti dalle azioni che riducono l’inquinamento”. Perché i cambiamenti climatici e l’inquinamento del pianeta rappresentano una seria minaccia per il mantenimento degli ecosistemi e della biodiversità. E per Gianni Tamino, professore emerito di biologia generale all’università di Padova, le misure previste dal Pnrr per il settore agricoltura non sono sufficienti: si parla molto genericamente di un’agricoltura più sostenibile ma “non si coglie come l’agricoltura industriale e gli allevamenti intesivi incidano sul cambiamento climatico, depauperando il terreno della materia organica e accentuando l’effetto serra”.
Assicurare maggiore sostenibilità
Al contrario andrebbero incentivati “allevamenti e colture che assicurino una maggiore sostenibilità in termini di rispetto della biodiversità, impatto sul clima, emissioni e consumo di risorse”. Il nuovo modello di agricoltura potrebbe essere un asset per riprogettare l’Italia in linea con il Green Deal europeo.
Tamino osserva che l’incremento dello stock di carbonio organico del suolo contribuisce alla mitigazione del cambiamento climatico e una gestione sostenibile della materia organica del suolo è la chiave per un’agricoltura sostenibile con l’obiettivo di migliorare la sicurezza alimentare. “L’adattamento è rappresentato dall’agricoltura biologica, un perno del cambiamento in chiave ecologica”.
Il circolo vizioso dell’agrochimica
Peraltro, aggiunge Tamino, forme di agricoltura e zootecnia non sostenibili, quali i grandi allevamenti intensivi e le monoculture, rispondono a logiche assurde: “Pensiamo al circolo vizioso tra semi ibridi e prodotti agrochimici, pesticidi su tutti, che rendono gli agricoltori dipendenti dalle multinazionali intaccando il loro reddito”.
Tamino porta l’esempio della superficie coltivata a transgenico nell’agricoltura spagnola, “calata enormemente”, a dimostrazione della mancanza di convenienza nel ricorso agli Ogm. Invece, “il modello agro-ecologico, che non altera il clima e riduce le emissioni di gas serra, il consumo di suolo e di acqua e l’inquinamento da pesticidi, contribuisce a valorizzare le risorse locali attraverso le filiere corte e favorisce l’autonomia alimentare del Paese, permettendo agli agricoltori di reggere meglio a situazioni di crisi”.
Incoraggiare una sostenibilità sociale
Non si tratta “solo di promuovere una sostenibilità ambientale ma di incoraggiare anche una sostenibilità sociale, un’alternativa solidale nel rapporto tra cittadini e agricoltori”.
Il boom dell’agricoltura bio di questi ultimi anni è lì a certificarlo: l’Italia è al primo posto in Europa per il valore della attività agricole biologiche e al terzo posto per il valore della produzione. Solo nel 2019 sono entrati nel sistema di certificazione per l’agricoltura biologica circa 1.600 nuovi operatori arrivando a un totale di 80.643 imprese registrate (+2% rispetto al 2018).
Anche se l’Annuario dell’agricoltura italiana evidenzia “la fase di assestamento del settore biologico italiano, con una sostanziale stazionarietà del numero di aziende certificate e della superficie dedicata”, “il sistema produttivo biologico mostra una crescente resilienza, considerato che la diversificazione contribuisce a stabilizzare i redditi delle aziende e a ridurre i rischi derivanti dalle pressioni esterne”.
Il mercato bio continua a crescere
Peraltro il mercato biologico continua a crescere: secondo i dati Ismea/Nielsen relativi al primo semestre 2020, il valore dei consumi biologici è aumentato rispetto allo stesso periodo del 2019 del 4,4%, raggiungendo i 3,3 miliardi di euro. L’Osservatorio Bio di Nomisma stima invece i consumi interni per il 2020 in 4,4 miliardi di euro, mentre la stima per le esportazioni equivale a 2,6 miliardi di euro (+8%).
Tamino osserva poi che a livello globale, pur in presenza di un aumento della produzione agricola trainato dall’agricoltura industriale, non si riescono a soddisfare le esigenze alimentari della popolazione: “La riduzione delle terre coltivabili, la perdita di fertilità dei suoli, l’estensione delle monocolture, l’inquinamento ambientale, sono alcuni dei fattori che incidono sulla disponibilità di cibo. Il consumo di suolo resta la minaccia più pericolosa per la biodiversità. Per evitare il collasso ambientale e attuare il Green Deal europeo occorre puntare sulla transizione ecologica dell’agricoltura. Si tratta di un percorso difficile ma chi l’ha intrapreso ne ha tratto beneficio. E l’Italia ha basi solide su cui costruire questo processo”, conclude Tamino.