In Costa Rica la coltivazione di ananas richiede circa 20 chili di pesticidi per ettaro. In media occorrono 16 diversi tipi di trattamento e alcuni di essi vanno ripetuti più volte, usando prodotti altamente tossici e a volte proibiti in Europa. In Ecuador le piantagioni di banane richiedono trattamenti ripetuti, in alcuni casi nell’arco di uno/due giorni. Tra i prodotti utilizzati: Oxamyl, Paraquat, Mancazeb e Glifosato
di Maria Pia Terrosi
Alcuni mesi fa al porto di Genova è stato bloccato un carico di peperoni in arrivo dall’Egitto e destinati alle nostre tavole. Sottoposti ai controlli di routine da parte dell’USMAF ( Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera) i peperoni sono risultati contaminati da 13 diversi pesticidi. Tre di questi – clorpirifos, propiconazolo e clorfenapir, rispettivamente insetticida, fungicida e biocida – avevano valori di 50 volte superiori ai limiti di legge.
Ogni anno in Europa si consumano grandi quantitativi di prodotti alimentari, di origine vegetale o animale, monitorati a campione per garantire il rispetto delle normative Ue in materia di pesticidi. Dal rapporto di EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) stilato proprio sulla base dei risultati dei controlli effettuati nei vari Paesi europei (nel 2015 sono stati analizzati in tutto 84.341 campioni per 774 sostanze attive) è emerso che nel 43,9% dei prodotti, cioè quasi la metà, erano contenuti residui di pesticidi. Il che non sembra essere una buona notizia, anche se il livello di pesticidi non superava i limiti consentiti dalla legge (è risultato al di fuori dei limiti solo il 5,6% dei campioni provenienti da Paesi extra Unione).
Non solo. Appena un quarto (il 25,8%) dei campioni analizzati riguardava prodotti importati da Paesi terzi: in pratica poco più di 21.000. Una goccia nel mare se paragonata alla quantità di prodotti alimentari che arrivano da Paesi extra Ue. Basti pensare alla frutta esotica della quale nel 2015 sono state importate nel vecchio continente più di 35 mila tonnellate, quasi tutte provenienti da Paesi in via di sviluppo.
Ma a preoccupare non è solo l’esiguità del numero di controlli, ma anche le modalità con cui questi prodotti sono coltivati. Per esempio in Costa Rica la coltivazione di ananas – i 3/4 degli ananas che troviamo nei supermercati europei vengono da questo Paese – richiede un enorme quantitativo di pesticidi: circa 20 chili di ingrediente attivo per ettaro. In media poi occorrono 16 diversi tipi di trattamento e alcuni di essi vanno ripetuti più volte, usando pesticidi altamente tossici e a volte proibiti in Europa. E’ il caso del Paraquat utilizzato per l’ananas a concentrazioni 10 volte superiori a quelle impiegate nelle altre colture; o del Bromacil, anch’esso bandito nell’Unione europea.
Dunque i prodotti esotici che arrivano sulle nostre tavole sono stati esposti in maniera molto consistente a trattamenti, come conferma un recente monitoraggio svolto su ananas importati nel Regno Unito che ha riscontrato la presenza di un fungicida – il triadimefon – nel 94% dei campioni, sebbene al di sotto dei limiti di legge.
Non va meglio per le banane. In Ecuador le piantagioni di banane richiedono trattamenti ripetuti, in alcuni casi nell’arco di uno/due giorni. Tra i pesticidi usati: Oxamyl, classificato molto tossico dall’Oms e assorbibile attraverso la pelle o dalle vie respiratorie; il Paraquat; il fungicida Mancazeb e il Glifosato. Pratica comune – seppur espressamente vietata – è quella di spruzzarli sulle coltivazioni dagli aeroplani. Mentre i contadini continuano a lavorare.