Prima l’emiciclo di Bruxelles annacqua gli aspetti green della Pac e congela la situazione. Poi lo stesso Europarlamento pubblica uno studio che boccia l’attuale agricoltura UE definendola “non sulla buona strada”
di Barbara Battaglia
“L’agricoltura e le pratiche alimentari dell’UE non sono sulla buona strada rispetto all’ambizione, agli obiettivi e ai traguardi quantitativi fissati dal Green Deal in materia di clima, ambiente, nutrizione e salute in tale settore”. Lo dice uno studio sul tema “Il Green Deal e la Pac: implicazioni politiche per adeguare le pratiche agricole e conservare le risorse naturali dell’Unione”. La ricerca è stata fatta per la Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AgrI) del Parlamento europeo: ed ecco la contraddizione. Sì perché poco più di mese fa è stato lo stesso emiciclo di Bruxelles a ridimensionare il carattere green, coerente con le strategie Farm to fork e Biodiversità “targate” Commissione europea, della nuova Politica agricola europea.
Come avevamo già spiegato qui su Cambia la Terra, la nuova Politica agricola europea avrebbe dovuto diventare uno degli strumenti del Green Deal, ma le revisioni uscite dal recente voto dall’Europarlamento e dalla decisione del Consiglio AgriFish non hanno impresso quella spinta innovativa che avrebbe dovuto sostenere la transizione ecologica dell’agricoltura. Il testo della Pac votato il 23 ottobre scorso dall’Europarlamento è stato infatti giudicato da tutto il fronte ambientalista molto deludente: un passo indietro rispetto a quello uscito dalla Commissione Ue. Una sconfitta per la biodiversità, per il clima e per gli agricoltori virtuosi. Questo perché – nel giudizio di Verdi e ambientalisti – ripropone un modello di agricoltura vecchio e non adatto a rispondere alle sfide che ci aspettano.
Lo studio UE
Ora la conferma di questo giudizio negativo arriva proprio dallo studio commissionato dallo stesso Parlamento europeo. “Per rendere la Pac post-2020 compatibile con gli obiettivi del Green Deal sono necessarie modifiche sostanziali alle proposte avanzate dalla Commissione nel giugno 2018 riguardo a tale politica”. E’ quanto si legge nel report in riferimento alla proposta della vecchia Commissione. Ma non nella direzione intrapresa dai parlamentari europei. Al contrario, in direzione degli orientamenti della nuova Commissione. Per i ricercatori, infatti, sarebbe “essenziale applicare più efficacemente il principio ‘chi inquina paga’ su cui si basa la condizionalità, per giustificare meglio la rafforzata applicazione del principio di ‘chi fa riceve’, che pone l’accento sia sui regimi ecologici che sulle misure climatiche e ambientali”.
In secondo luogo, “le misure dei regimi ecologici del primo pilastro che sono interamente finanziate dal bilancio europeo devono rivolgersi ai beni pubblici globali, vale a dire la mitigazione dei cambiamenti climatici, la conservazione e il ripristino della biodiversità nonché il benessere degli animali. In terzo luogo, i regimi ecologici devono essere integrati da misure del secondo pilastro incentrate sui beni pubblici locali, segnatamente la quantità e la qualità dell’acqua, la fertilità del terreno e la diversità dei paesaggi”.
Gli attuali criteri di condizionalità, dunque, “non dovrebbero essere indeboliti e si deve porre fine alle deroghe al fine di aumentare l’efficacia ambientale della Pac e colmare le lacune”. Infine, sul fronte economico – uno degli aspetti più discussi dai produttori biologici – secondo lo studio “dovrebbero essere introdotti due nuovi bilanci separati nell’ambito del primo pilastro, destinando il 15 % della spesa alle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici e il 15 % alle misure a favore della biodiversità. Il 35 % della spesa del secondo pilastro dovrebbe concentrarsi sugli interventi ambientali”. Come dire, i soldi devono andare a chi davvero tutela l’ambiente.
“La Pac – si legge infine nel rapporto – non consente di applicare, comunicare e monitorare in misura sufficiente i progressi compiuti, né impone un piano d’azione correttivo efficace se non si verificano progressi. […] La dimensione climatica e ambientale della Pac deve essere rafforzata e la Pac stessa deve essere estesa come parte di una politica alimentare più mirata e completa”.
Il report è firmato da due istituti francesi, Inrae e AgroParisTech, e in particolare da Hervé Guyomard, Jean-Christophe Bureau, Vincent Chatellier, Cécile Detang-Dessendre, Pierre Dupraz, Florence Jacquet, Xavier Reboud, Vincent Requillart, Louis-Georges Soler, Margot Tysebaert.
Lo studio completo, disponibile in inglese, può essere scaricato a quest’indirizzo: https://bit.ly/35HmZJg.
Intanto proseguono i lavori e la discussione del trilogo riguardo alla riforma della Pac. È l’ultimo stadio della procedura legislativa ordinaria, in cui si confrontano e cercano una sintesi Consiglio, Parlamento e Commissione Ue.
Il Parlamento europeo ascolterà il monito del Parlamento europeo?