L’uso disinvolto di prodotti ad alta tossicità è una delle cause che moltiplicano il numero di persone che si tolgono la vita ingerendo veleno. I casi dello Sri Lanka e della Corea del Sud
di Goffredo Galeazzi
Tra 110.000 e 168.000 suicidi per auto avvelenamento da pesticidi si verificano ogni anno in tutto il mondo. A partire dagli anni ’50, quando la rivoluzione verde ha introdotto pesticidi altamente tossici nell’agricoltura su piccola scala, si stima che 14 milioni di suicidi siano avvenuti così. Oltre il 95% di questi morti si è verificato nei Paesi a basso e medio reddito, solo il 5% nei Paesi ad alto reddito dove i pesticidi altamente pericolosi sono vietati, limitati o utilizzati solo da operatori professionali.
Un’azione appropriata da parte delle autorità di regolamentazione avrebbe dunque il potenziale per salvare migliaia di vite ogni anno: ridurre l’accesso ai pesticidi può ridurre i suicidi, come hanno dimostrato le iniziative in Sri Lanka e in Corea del Sud. E non vi è alcuna prova che i divieti in questi Paesi abbiano influenzato negativamente i raccolti. Sono dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione della Giornata mondiale per la prevenzione dei suicidi in un opuscolo dedicato proprio alla questione pesticidi e suicidi.
Negli anni ’90 crollano i suicidi
Negli anni ’80 e ’90, lo Sri Lanka aveva uno dei più alti tassi di suicidi al mondo. Si ritiene che ciò fosse dovuto principalmente alla disponibilità non regolamentata di pesticidi altamente tossici (Classe I dell’Oms). In quegli anni i suicidi per avvelenamento da pesticidi hanno rappresentato due terzi di tutti i suicidi nel paese. L’azione normativa intrapresa a metà degli anni ’90 per vietarne o limitarne l’uso ha provocato un crollo del 70% dei decessi e si stima che 93.000 vite siano state salvate tra il 1995 e il 2015. Queste riduzioni del suicidio si sono verificate nonostante l’aumento del numero di ricoveri ospedalieri per l’auto avvelenamento da pesticidi, poiché i pesticidi erano meno tossici.
I divieti sono stati messi in atto in modo graduale. Nella Repubblica di Corea il divieto di paraquat nel 2011-2012 ha contribuito alla metà del calo dei suicidi complessivi. Il divieto di pesticidi in Bangladesh nei primi anni 2000 ha comportato una riduzione del 65% dei suicidi da pesticidi. Al contrario, l’introduzione del paraquat nelle Samoa occidentali negli anni ’70 è stata seguita da un forte aumento dei suicidi da pesticidi.
Nessun impatto sulla resa delle coltura
Si stima che 35.000 persone in meno siano morte a seguito di suicidi da pesticidi tra il 2001 e il 2014 rispetto al numero previsto prima dei divieti. È importante sottolineare che in Bangladesh, nella Repubblica di Corea e nello Sri Lanka non è stato rilevato alcun impatto dei divieti sui pesticidi sulla resa delle colture. La produzione di riso nello Sri Lanka è aumentata dagli anni ’90, quando sono stati introdotti i primi divieti.
La prevenzione del suicidio comporta gli sforzi concertati di molti settori sociali e gruppi professionali: governo nazionale e locale, legislatore, forze dell’ordine, operatori sanitari, educatori, agenzie sociali, media, famiglie, scuole, luoghi di lavoro e comunità. Tuttavia a svolgere un ruolo chiave nella prevenzione sono le autorità di regolamentazione attraverso il rafforzamento della valutazione del rischio per la registrazione dei pesticidi altamente pericolosi, una corretta gestione degli stock inutilizzati nelle comunità e nelle famiglie e una sensibilizzazione sui suicidi da pesticidi. Perché i pesticidi sono progettati per essere tossici per gli organismi viventi e spesso non sono selettivi nella loro tossicità.
Servono studi sulle alternative ai pesticidi
L’Oms, l’International Association of Suicide Prevention (Iasp) e i principali esperti di prevenzione del suicidio raccomandano la restrizione come uno dei principali interventi per la prevenzione del suicidio. Per l’Oms occorre mettere in atto azioni normative volte a eliminare gradualmente i pesticidi più pericolosi, insieme alla consulenza e alla formazione sulle alternative a basso rischio. Inoltre sono necessari studi di ricerca a lungo termine sulle alternative più convenienti e più sicure. Tali studi, dice l’Oms, dovrebbero essere effettuati dal punto di vista economico, sanitario e agricolo. E dovrebbero essere condotti indipendentemente dall’industria, con la collaborazione del ministero dell’Agricoltura e degli agricoltori, nonché del ministero della Salute.