Mercati: “Basta con i veleni nelle acque”

Valentino Mercati ha espresso la sua opinione sull’ipotesi di alzare i limiti delle sostanze chimiche presenti nelle acque potabili. Un tema che coinvolge il bene più prezioso per gli esseri viventi, la salute. E il futuro dei nostri figli.

di Maria Pia Terrosi


Intervista a Valentino Mercati, fondatore e presidente di Aboca, azienda leader mondiale nella coltivazione di piante officinali sull’ipotesi di alzare i limiti delle sostanze chimiche presenti nelle acque potabili

Secondo l’ultimo Rapporto Ispra le condizioni delle nostre acque sono preoccupanti. Tra gli inquinanti più presenti ci sono il glifosato – l’erbicida più utilizzato in Italia e al mondo – e il suo metabolita Ampa rilevati in valori superiori alla soglia rispettivamente nel 24,5% e nel 47,8% dei siti monitorati.

 Appunto. Che il glifosato sia tossico per l’ambiente, non credo sia più da discutere. Basta leggere le etichette relative alla sua immissione in commercio. Ma oltre a valutare la sua tossicità a breve termine, bisogna considerare anche quella a medio-lungo termine. Non solo della molecola glifosato, ma anche delle molecole che possono derivare dalla sua degradazione. Se sappiamo, come sappiamo, che il glifosato non è biodegradabile, i suoi derivati dovrebbero essere accantonati come veleni in speciali riserve. Il fatto è che il problema della biodegradabilità è comune a quasi tutte le sostanze chimiche di sintesi,ma lo è ancora di più per quelle impiegate in agricoltura. Niente a che vedere con il rame utilizzato in agricoltura biologica, che da sempre convive con il resto dell’ambiente .

In questa situazione il Dossier 2020 del Seta – Scienza e tecnologie per l’agricoltura – invita ad alzare i limiti delle sostanze chimiche presenti nelle acque, definendoli anacronistici e obsoleti.

La cosa da chiarire è che stiamo discutendo di limiti sui veleni. Ogni anno riversiamo nell’ambiente 2 miliardi di tonnellate di sostanze chimiche di sintesi. Si tratta di sostanze artificiali non totalmente biodegradabili, scorie tossiche che si accumulano anno dopo anno nei bacini e nelle falde acquifere in modo esponenziale, avvelenandole irreversibilmente.

Proporre di aumentare i limiti dei residui nelle acque come indicato nel Dossier Seta vuol dire riconoscere implicitamente che queste sostanze non sono biodegradabili. Cosa che la scienza ci dice da tempo. Tutto ciò è in evidente contrasto con la proposta di rendere meno cautelativi gli attuali limiti di legge. Su questo aspetto ho più volte chiesto agli autori dello studio di rispondere, ma invano. In pratica anziché cambiare rotta di fronte a uno scenario che nel 2050 potrebbe portarci a non avere più acqua potabile a sufficienza, gli autori di questo studio propongono di alzare i limiti di legge.

L’emergenza sanitaria legata al coronavirus può insegnarci qualcosa?

Purtroppo credo che questa del coronavirus non sarà l’ultima pandemia, ne avremo molte altre. Le sostanze artificiali, quelle geneticamente modificate e quelle chimiche di sintesi, hanno impatti su tutto il sistema vivente, compreso quello immunitario degli esseri umani. Questi aspetti già si cominciano a delineare e assumeranno una rilevanza distruttiva nei prossimi decenni. La ricerca scientifica infatti ha già evidenziato come alcune sostanze possono avere un effetto anche nelle generazioni successive influendo sui processi epigenetici. Il nostro sistema immunitario si indebolirà e ciò avrà gravi conseguenze sulla nostra salute e sulla nostra capacità di resistere alle infezioni.

Penso anche per quanto riguarda il post-Covid che il rischio oggi è di ripartire cedendo alla tentazione di fare Pil a ogni costo. In questo scenario il mondo del biologico, di un’agricoltura senza pesticidi e chimica di sintesi, rischia di finire confinato in una sorta di riserva indiana. Se non spazzato via del tutto.

Oppure?

Per evitare di perdere la battaglia dobbiamo alzare i toni, occupando scenari internazionali e parlando direttamente ai consumatori. Oggi è un momento particolare: tutti abbiamo i nervi scoperti,ma è il momento giusto per alzare la posta. Il mondo del biologico deve avere coraggio di parlare con forza e dire le cose come stanno, superando l’oscurantismo psicologico antiscientifico che spaccia la tecnologia per scienza. Non possiamo continuare ad accettare che vengano brevettate sostanze che minacciano il bene comune.

Credo che continuare a misurare l’avvelenamento non basta: ci dà solo il vantaggio di sapere con precisione in quanti anni l’umanità si estinguerà. Di fronte a questo scenario si può decidere di guardare da un’altra parte e pensare al proprio profitto. Oppure, come dicevo, reagire. E a volte basta una palla di neve per mettere in moto una valanga.