Lo stretto legame tra pesticidi e celiachia

Un recente studio dimostra come l’esposizione alle sostanze tossiche contenute nei fitofarmaci e anche nel teflon aumenta fino a 9 volte il rischio di diventare celiaci

di Maria Pia Terrosi


L’esposizione ai pesticidi aumenta il rischio di celiachia da cinque a nove volte nei giovani, in particolare tra le donne. Per la prima volta uno studio – condotto dall’Università NYU Grossman School of Medicine Langone e pubblicato sulla Environmental Research – ha stabilito l’esistenza di un legame misurabile tra l’esposizione ambientale a sostanze chimiche tossiche presenti nei pesticidi, nelle pentole antiaderenti e nei ritardanti di fiamma e il rischio di sviluppare la celiachia. La ricerca ha coinvolto 30 bambini e giovani adulti (dai 3 ai 21 anni) a cui era stata recentemente diagnosticata la celiachia. Sono stati messi a confronto, attraverso l’analisi del sangue, i livelli di alcune sostanze chimiche nel loro gruppo e in quello di un gruppo di controllo formato da 60 giovani non celiaci.

Risultato: le persone che avevano nel sangue alti livelli di sostanze chimiche correlate ai pesticidi avevano maggiori probabilità di sviluppare celiachia.

La ricerca ha anche evidenziato un rischio superiore di sviluppare celiachia per le donne. Per le ragazze un alto livello delle sostanze incriminate fa crescere di otto volte la probabilità di sviluppare intolleranza al glutine.Per i Pfas, contenuti in prodotti come il teflon, il rischio di diventare celiaci sale fino a nove volte.

La celiachia è una malattia su base infiammatoria dell’intestino tenue caratterizzata dalla distruzione della mucosa di questo tratto intestinale.È causata da una reazione autoimmune al glutine, la frazione proteica alcol-solubile di alcuni cereali quali grano, orzo, segale. Attualmente si stima che circa l’1% della popolazione mondiale sia celiaca, soprattutto donne.

Fino ad oggi si riteneva che le cause della celiachia fossero genetiche. Questo invece è il primo studio che indaga se e in che misura le cause ambientali possano avere un ruolo nello sviluppo di questa patologia.

“Questi risultati sollevano anche un’altra questione: esistono potenziali collegamenti tra questi prodotti chimici e altre malattie autoimmuni intestinali? Sono temi che meritano un attento monitoraggio e ulteriori studi”, ha commentato Jeremiah Levine, docente presso il Dipartimento di Pediatria della New York University Langone.