Coalizione #CambiamoAgricoltura: il Piano strategico nazionale inadatto alla transizione agroecologica
Un passo avanti e due indietro. Un passo verso le nuove strategie europee mirate alla difesa dell’agricoltura biologica e della biodiversità; due passi verso la vecchia gestione in cui la grande maggioranza dei finanziamenti va a sostenere un modello di agricoltura estensivo e ad alto impatto ambientale. Da una parte i 2,5 miliardi di euro che il Piano strategico nazionale (Psn) destina al bio. Dall’altra una riproposizione della Pac che segue i vecchi schemi della distribuzione di aiuti a pioggia senza tener conto degli obiettivi del Green Deal.
Su quest’ultimo punto si concentra la protesta di 17 associazioni ambientaliste, dell’agricoltura biologica e dei consumatori che lanciano un allarme. Il Piano strategico nazionale della Pac 2023-2027, inviato dal ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli alla Commissione Ue il 31 dicembre scorso, ripropone il vecchio modello di agricoltura e gestione dei sistemi agro-alimentari non sostenibili. In questo modo ci si allontana dalla richiesta dei cittadini europei di raggiungere gli obiettivi delle Strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030. Lasciando la transizione agroecologica ostaggio delle corporazioni dell’agroindustria.
Per questo le 17 associazioni hanno inviato al Mipaaf, al Mite, ai funzionari delle DG Envi e DG Agri della Commissione UE un documento dettagliato con commenti e proposte in vista della sua definitiva approvazione entro l’estate del 2022. La speranza è che la forza delle argomentazioni e delle osservazioni critiche induca la Commissione Ue a sostanziali cambiamenti del testo inviato dal governo italiano.
La nuova Pac diventerà operativa nel gennaio 2023 e per l’Italia vale circa 34 miliardi di euro fino al 2027. Una cifra che, assieme al cofinanziamento nazionale dei fondi destinati allo sviluppo rurale, può arrivare quasi a 50 miliardi di euro.
Particolarmente gravi per le associazioni sono l’impostazione degli eco-schemi e la forte disparità tra i premi attribuiti agli eco-schemi e quelli previsti per gli impegni agro-climatico-ambientali dello sviluppo rurale. Si privilegiano la zootecnia del nord Italia e l’olivicoltura del centro-sud. I due eco-schemi rivolti a questi due settori utilizzano il 58,5% delle risorse destinate a tutti e 5 gli eco-schemi previsti dal Psn. Gli eco-schemi invece dovrebbero premiare gli impegni volontari degli agricoltori per il contrasto dei cambiamenti climatici, per la tutela della biodiversità e dell’ambiente.
Nel Psn solo per l’agricoltura biologica viene indicato un obiettivo quantitativo, quello del 25% di superficie agricola certificata bio. Una percentuale che probabilmente arriverà al 30% entro il 2030. Le 17 associazioni esprimono soddisfazione per l’attenzione riservata all’agricoltura biologica, ma ritengono che l’Italia avrebbe potuto aspirare a un obiettivo più ambizioso. Considerando che il nostro Paese parte con una percentuale di campi bio del 15,8% nel 2021, si potrebbe fare qualcosa di più di quanto indicato dal Psn. Cioè arrivare al 30% di SAU in biologico entro il 2027 e il 40% entro IL 2030: un obiettivo realistico.
“Il tema della conservazione della natura, attraverso la tutela e ripristino della biodiversità naturale, viene incredibilmente sottovalutato. Come il tema della mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici che risulta sostanzialmente assente nella programmazione della Pac” si legge nel documento. “Questa mancanza dovrà essere risolta, in particolare indicando gli obiettivi di riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari, dei fertilizzanti chimici, degli antibiotici e l’incremento delle aree destinate alla conservazione della biodiversità naturale e al mantenimento del paesaggio rurale.”
“In definitiva il Piano Strategico Nazionale della Pac è molto lontano dall’essere uno strumento efficace per promuovere una vera transizione ecologica della nostra agricoltura, affrontando le crisi ambientali del millennio. Una mancanza di visione che va a discapito anche della stessa agricoltura, prima “vittima” dei cambiamenti climatici e conseguenti eventi estremi catastrofali.”