Per il World Economic Forum le minacce riguardano l’ambiente. La biodiversità è in pericolo per l’espansione agricola, l’inquinamento e la crisi climatica
di Redazione
I principali rischi globali riguardano l’ambiente. La crisi climatica, la perdita di biodiversità e il rapido declino delle specie sono le preoccupazioni in cima alla lista del Global Risks Report, un sondaggio che ha coinvolto oltre 750 esperti e decision maker realizzato dal World Economic Forum in collaborazione con Marsh & McLennan e Zurich Insurance Group. Per la prima volta nella prospettiva decennale del sondaggio, tutti e cinque i principali rischi globali riguardano l’ambiente: eventi meteorologici estremi; fallimento delle misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici; danni e disastri ambientali causati dall’uomo, tra cui i crimini ambientali, perdita importante della biodiversità e collasso dell’ecosistema terrestre o marino con conseguenze irreversibili sull’ambiente; catastrofi naturali gravi.
Rischi globali, le urgenti sfide da affrontare
“Le conseguenze di un aumento dell’instabilità geopolitica, di una frenata dell’economia e di un intensificarsi dei confronti economici nel corso del 2020 potrebbero rivelarsi catastrofiche, soprattutto a fronte di urgenti sfide da affrontare come la crisi climatica, la perdita di biodiversità e il rapido declino delle specie”, avverte il Rapporto Wef.
“Il panorama politico è polarizzato, il livello dei mari si sta innalzando e il cambiamento climatico è ormai una realtà. Il 2020 deve registrare la cooperazione dei leader mondiali con tutti i settori della società, al fine di sanare e rafforzare i nostri sistemi di collaborazione per poter affrontare i rischi comuni più profondamente radicati”, ha dichiarato Børge Brende, presidente del Wef.
Per Peter Giger, di Zurich Insurance Group, “ecosistemi differenti dal punto di vista biologico sono in grado di assorbire grandi quantità di carbonio e offrono vantaggi economici enormi che si stima ammontino a 33 trilioni di dollari all’anno, ovvero l’equivalente della somma del prodotto interno lordo di Stati Uniti e Cina. È fondamentale che le aziende e i policy maker adottino più rapidamente la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e passino a modelli di business più sostenibili”.
Già persi l’83% di tutti i mammiferi e la metà delle piante
“La biodiversità sta diminuendo più velocemente di quanto non sia mai successo in qualsiasi altro momento della storia umana”, si legge nel capitolo dedicato alla perdita accelerata della biodiversità. “L’attuale tasso di estinzione è decine o centinaia di volte superiore alla media degli ultimi 10 milioni di anni e sta accelerando. Sebbene i 7,7 miliardi di persone nel mondo rappresentino solo lo 0,01% di tutte le creature viventi, l’umanità ha già causato la perdita dell’83% di tutti i mammiferi selvatici e della metà delle piante. Le stime indicano che ogni anno si estinguono, nel migliore dei casi, tra 200 e 2.000 specie, nel peggiore tra le 10.000 e le 100.000 specie”. A influire sulla distruzione del delicato equilibrio naturale tra aria pulita, acqua e vita da cui tutte le specie, compresi gli umani, dipendono per sopravvivere, è il modo in cui coltiviamo cibo, produciamo energia, smaltiamo rifiuti e consumiamo risorse.
L’umanità mette in pericolo la biodiversità, afferma il Wef, in vari modi. Uno è l’espansione agricola e industriale che ha comportato la perdita di oltre l’85% delle zone umide portando all’alterazione del 75% della superficie terrestre e a un impatto sul 66% dell’area oceanica. Un’altra potente minaccia è lo sfruttamento di piante e animali attraverso la raccolta, il disboscamento, la caccia e la pesca. In terzo luogo, l’inquinamento: gli habitat vengono distrutti da rifiuti non trattati, dagli inquinanti delle attività industriali, minerarie e agricole e da fuoriuscite di petrolio e scarico tossico. Il solo inquinamento da plastica marina è aumentato di dieci volte dal 1980. Un quarto fattore critico per la perdita di biodiversità è l’introduzione di specie aliene che eliminano quelle autoctone. In quinto luogo, il cambiamento climatico aggrava la perdita di natura, che a sua volta riduce la capacità di resistenza della natura ai cambiamenti climatici.
I pesticidi contribuiscono alla ulteriore perdita di biodiversità
Per soddisfare la domanda di cibo, che sarà più che raddoppiata entro il 2050 per la crescita della popolazione sempre più urbanizzata, Il Wef avverte che, continuando sulla vecchia strada, occorreranno altri miliardi di ettari di terra da sfruttare o un aumento delle rese sui terreni esistenti ottenuto con l’uso di fertilizzanti e pesticidi che contribuiscono alla ulteriore perdita di biodiversità. Sarebbe un autogol perché tra i rischi derivanti dalla perdita di biodiversità il Wef indica proprio l’insicurezza alimentare: la continua perdita di diversità nelle piante e negli animali sta minando la capacità di resistenza dei sistemi agricoli contro parassiti, agenti patogeni e cambiamenti climatici.
Infine un’ulteriore minaccia è data dal declino degli insetti. Uno studio recente stima che gli insetti siano diminuiti del 40% negli ultimi decenni e che un terzo sia in pericolo. Tra le principali cause, la deforestazione, l’urbanizzazione, l’inquinamento e l’uso diffuso di pesticidi nell’agricoltura. Gli insetti rappresentano la principale fonte di cibo per molte specie più in alto nella catena alimentare, come uccelli, rettili, anfibi e pesci. Gli insetti sono anche i migliori impollinatori del mondo: il 75% delle 115 maggiori colture alimentari (compresi alimenti ricchi di nutrienti come frutta, verdura, noci e semi, nonché colture redditizie come caffè e cacao) si basa sull’impollinazione degli animali.
La riduzione delle popolazioni di insetti costringerà gli agricoltori a passare a colture di base che non si basano su impollinatori. Tuttavia, queste colture – come riso, mais, grano, semi di soia e patate – sono spesso ad alta intensità energetica, povere di nutrienti e già largamente utilizzate a livello globale, spesso con diete squilibrate che rischiano di innescare un’epidemia di obesità e malattie legate all’alimentazione.