Analizzando campioni di miele di oggi e degli anni Cinquanta, un gruppo di ricercatori ha ricavato molte indicazioni sui cambiamenti subiti dal territorio
di Maria Pia Terrosi
Non solo sentinelle ambientali, le api sono anche testimoni in grado di raccontarci le modifiche subite negli anni dal paesaggio. Le api mellifere infatti rappresentano un modello ideale per valutare i cambiamenti nel territorio alla luce degli effetti che hanno prodotto nella distribuzione delle piante da fiore.
Per questo un team di studiosi del National Botanic Garden of Wales ha pensato di partire dalle api, dall’analisi di 441 campioni di miele raccolto nel 2017. In pratica i ricercatori hanno studiato i granelli di polline intrappolati nel miele. Utilizzando tecniche di barcoding del Dna, sono riusciti a identificare le piante più spesso visitate dalle api. Successivamente, hanno messo a confronto questi dati con quelli ricavati da un’indagine del 1952 che – seppur con strumenti meno evoluti, un semplice microscopio – aveva schedato i granuli di polline (e quindi le piante) rintracciati nel miele di molti alveari distribuiti nell’intero Paese.
Ne è emerso che in questi decenni le cose sono parecchio cambiate. Negli anni Cinquanta era il trifoglio bianco – una leguminosa da foraggio – la pianta più importante per le api. Tanto che il suo polline era stato trovato nel 93% dei campioni di miele. Oggi – dati del 2017 – il polline del trifoglio è presente solo nel 62% dei campioni.
Le api visitano meno il trifoglio perché la sua presenza nella campagna si è fortemente ridotta: del 13% solo tra il 1978 e il 2007. Mezzo secolo fa era una pianta dominante nei pascoli permanenti. Inoltre, veniva spesso inclusa nei prati come fonte di proteine per il bestiame. Oggi lo scenario è modificato: un modello più intensivo di agricoltura ha portato alla riduzione delle superfici a pascolo e un maggiore impiego di fertilizzanti azotati inorganici ha ridotto la necessità di avere prati a trifoglio.
“La campagna nel Regno Unito è profondamente cambiata negli ultimi 65 anni. Il ricorso a un modello di agricoltura e allevamento sempre più intensivo ha portato alla riduzione degli habitat naturali e dei pascoli permanenti. Al tempo stesso le siepi e i boschi spesso sono stati sacrificati per avere nuove aree coltivabili. Tutto questo ha modificato la distribuzione e la tipologia di fiori e piante selvatiche”, ha commentato Natasha de Vere, responsabile conservazione e ricerca del National Botanic Garden of Wales.
Al posto del trifoglio oggi le api visitano più spesso i rovi (Rubus fruticosus). Nel 1952 il rovo era stato trovato nel 58% dei campioni di miele ma era una fonte importante solo nel 5%. Nel 2017, invece, è stato rintracciato nel 73% dei campioni e nel 36% come pianta principale.
Discorso simile per la colza, coltivazione oggi molto diffusa in Gran Bretagna per ricavarne mangime per gli animali e per la produzione di oli vegetali e biodiesel. Nel 1952 era una pianta importante solo nel 2% dei campioni di miele, nel 2017 la percentuale è passata al 21%.
Lo studio ha consentito di monitorare anche l’emergere del balsamo himalayano, una pianta invasiva introdotta nel Regno Unito a metà del XIX secolo. Nel 1952 il polline del balsamo himalayano era presente solo nel 3% dei campioni di miele. Oggi che il balsamo è diventato una pianta infestante presente lungo le rive dei fiumi e i margini delle strade, è stato trovato nel 15% dei campioni di miele.