I Terribili Quattro dell’agroindustria

Con il via libera alla fusione Bayer-Monsanto si completa la fase di centralizzazione delle multinazionali dell’agrochimica.

di Guglielmo Ragozzino


Malthus è tornato tra noi. Cresce la popolazione mondiale, si allungano le vite ed è sempre più difficile sfamarle in modo adeguato. L’appuntamento tra i maggiorenti del mondo, tanto per far qualcosa contro la paura del futuro, è per il 2050. Come tenere per quella data l’orda degli affamati lontano dalle nostre tavole – del Natale, del Ringraziamento – imbandite? Con i muri, con i fucili, con la religione, con l’ecologia, con la politica, con l’istruzione, con la ricerca scientifica, con i dollari?

Con alterni successi si sono tentate molte strade, non semplici da percorrere, ma ricche di svolte e sovrappassi e continuamente attraversate da varianti che spesso appaiono più facili e convenienti. C’è chi è rimasto fermo, scegliendo di “aspettare e vedere”, rischiando di soccombere al panico. C’è chi ha immaginato altri svincoli, altre vie di fuga.

Nell’imbarazzo, nell’apparente paralisi generale, molti percorsi prima tortuosi si sono improvvisamente rivelati aperti (“chi ha paura del lupo cattivo”?) con l’approvazione a metà marzo da parte dell’Unione Europea della fusione tra Bayer e Monsanto, due imprese multinazionali con interessi nell’industria dei semi e nell’agrochimica dei fertilizzanti.

La fusione di Monsanto e Bayer è stata a lungo esaminata dall’apposita direzione sulla concorrenza dell’Unione Europea (UE) e infine approvata a metà marzo 2018 dopo che Bayer aveva disposto la vendita a Basf dei suoi interessi nei semi in cambio di una cifra indicata in 6 miliardi di euro. Mentre Monsanto è una società americana, le altre due sono tedesche. Novanta anni or sono, durante gli anni venti del secolo scorso, quando erano già molto forti, avendo fatto coloranti e affari nella prima guerra mondiale, Bayer e Basf sono entrambe entrate a fare parte dell’Ig Farben, di cui anzi erano tra le maggiori rappresentanti. Dell’Ig Farben, cioè del cartello nazionale dei coloranti e delle vernici, il cuore della chimica tedesca insomma, fecero parte fino ai tempi di Auschwitz, al tempo della sua liberazione da parte dell’esercito sovietico e dello smantellamento del cartello come esito del processo di Norimberga3, speciale per la società madre, le controllate e gli alti dirigenti, svoltosi tra il 27 agosto 1947 e il 30 luglio dell’anno successivo.

Intervenne allora la politica, quella dei vincitori americani, e le imprese derivate rimasero libere di agire, produrre chimica e farmaceutici e guadagnare. I dirigenti della chimica nazista furono condannati a qualche anno di carcere. I pochi lavoratori sopravvissuti, invece, i chimici di Buna (quasi tutti ebrei, come Primo Levi), quelli che ai tempi della seconda guerra mondiale producevano gomma e benzina, utilizzando carbone, e che arrivavano a piedi da Monovitz (Auschwitz 3, il loro lager) allo stabilimento di Buna Werke distante sette chilometri – finché Ig Farben non costruì un trenino per migliorare l’efficienza dei suoi schiavi – ebbero poco diritto di replica a Norimberga.

La fusione, o l’incorporazione in Bayer di Monsanto – ma è un gioco di prestigio capitalistico sul quale è opportuno non insistere – completava la fase di centralizzazione delle multinazionali dei semi e dei pesticidi. ChemChina-Syngenta, cinese la prima e svizzera l’altra, e DowChemical-Dupont, entrambe americane, sono state le prime mosse del grande gioco dei semi. Tutto è iniziato con il 2015. Non manca chi tra gli esperti sostiene che ora il sistema agricolo è finalmente tranquillo. Negli anni 80 del secolo scorso il mercato era in fase anarchica: i produttori di semi presenti sul mercato erano forse 6 – 8 mila, come dire che rendevano difficile ogni programmazione adeguata. Varie fasi di concentrazione nel settore e di centralizzazione tra le imprese superstiti si sono susseguite. Si sono diffusi i semi capaci di reggere agli attacchi di insetti , parassiti e piante infestanti di varia natura, ma erano semi disgraziatamente sterili e quindi occorreva rifornirsene ogni anno per il nuovo raccolto, ciò che scoraggiava i contadini che campavano sul proprio campo. I nuovi semi si sono diffusi per ogni dove e Vandana Shiva, la scienziata degli ultimi, ha raccontato la guerra delle coltivazioni tradizionali e l’impoverimento dei contadini poveri in interi continenti e la sconfitta globale delle varietà di piante e della natura.

Il risultato di questa gran battaglia di semi e finanza, ai nostri, giorni è il prevalere dei Fearsome Four, i Terribili Quattro dei fumetti Marvel, riproposti nel campo dei semi. Ma perché quattro? Oltre a Bayer-Monsanto, oltre a Corteva-Agriscience, nome scelto da Dow-Dupont per la guerra di corsa sugli scaffali dei grossisti, oltre a Sygenta-ChemChina in procinto di fondersi con Sinochem, altro potentato della Cina sovrana, ecco il quarto, Basf che acquista da Bayer poco meno di 6 miliardi di euro di agrochimica.

L’accordo tra Basf e Bayer per la cessione di 6 miliardi di agrochimica, in sostanza di pesticidi e “semi”, ha consentito il via libera di Bruxelles alla fusione (o quello che è in realtà) tra Bayer e Monsanto. A questo punto si ritiene debba seguire nel giro di poche settimane il permesso definitivo da parte delle autorità americane, attente allo spirito di bandiera e ancor più al profumo dei dollari o di altre monete forti. In altre parole si è completato lo schieramento dei Terribili Quattro in campo agricolo-alimentare, in attesa di accordi ulteriori che in ordine a semi e concimi dovrebbero riguardare ormai soltanto concessioni, brevetti, scambi di informazioni e facilitazioni commerciali come avviene tra multinazionali che sanno convivere.

Basf e Bayer si integrano perfettamente; la prima è più che disponibile a comprare tutto quello che supera il limite consentito a Bayer. Bayer cede i brevetti, mantenendone l’uso, cede gli stabilimenti, gli operai, l’organizzazione di vendita per quanto riguarda semi e pesticidi. In tutto si tratta di 1.800 persone, sparse su tre continenti per una produzione agrochimica di 1,3 miliardi di euro nel 2016, concentrata soprattutto sul glufosinate di ammonio introdotto in un primo tempo da Hoechst  e diventato poi cavallo di battaglia di Bayer con il nome molto commerciale di Basta 200. Almeno tre dei grandi soci di Ig Farben si spartiscono la scienza del glufosinate o se si preferisce di Basta 200.

La cessione dei semi e dei pesticidi ai concorrenti amichevoli di Basf basta (e dai!) agli esperti europei per promuovere l’accordo di assorbimento di Monsanto da parte di Bayer. Responsabile delle politiche di concorrenza è la commissaria Margrethe Vestager che la spiega così: “Abbiamo approvato il piano di Bayer di conquistare Monsanto perché i provvedimenti delle parti (Bayer e Basf) del valore ben superiore ai 6 miliardi di euro soddisfano in toto il nostro interesse per la concorrenza. La nostra decisione garantisce che ci sarà effettiva concorrenza e innovazione nei mercati di semi, pesticidi e agricoltura digitale anche dopo questa incorporazione”. Vestager assicura che i suoi uffici hanno avuto accesso a 2,7 milioni di documenti interni di Bayer e consorti. Quanto all’agricoltura digitale, c’era qualche preoccupazione, ben superata, per il recente lancio di Xarvio e il contemporaneo debutto in Europa della piattaforma FieldView, l’ultima variante di Monsanto. Nessuna paura: tutto questo sarà condiviso con Basf, droni compresi. La concorrenza è salva: l’Europa agricola respira.