L’Autorità europea per la sicurezza alimentare aggiorna le proprie valutazioni sul rischio dei neonicotinoidi per le api mellifere e selvatiche. L’Europarlamento vota una risoluzione per chiedere un piano d’azione europeo per combattere la mortalità delle api
di Maria Pia Terrosi
Ancora una conferma sulla pericolosità dei neonicotinoidi per le api. Viene dall’EFSA – l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – che ha aggiornato le proprie valutazioni del rischio rappresentato dai neonicotinoidi per le api , sia mellifere che selvatiche (bombi e api solitarie) arrivando alla conclusione che nei modi in cui tali pesticidi sono utilizzati rappresentano una seria minaccia per la sopravvivenza di questi insetti.
Derivati dalla nicotina, i neonicotinoidi sono insetticidi moto tossici, largamente diffusi (oggi coprono un quarto dell’intero mercato dei pesticidi ) che agiscono sul sistema nervoso degli insetti. Possono essere spruzzati sulle foglie, applicati in forma granulare nei terreno o utilizzati per trattare i semi.
In pratica è stata valutata l’esposizione delle api alle sostanze attraverso tre vie: tramite i residui contenuti nel polline e nel nettare; nell’acqua o nella polvere che si disperde durante la semina/applicazione dei semi trattati con neonicotinoidi. Anche se – precisano dall’EFSA – si registra una variabilità legata a vari fattori, per esempio le specie di api e la via di esposizione, nel complesso è confermato un alto il rischio per tutti i tre tipi di api.
ll parere dell’EFSA sui neonicotinoidi era particolarmente atteso poiché a breve i Paesi europei e la Commissione Ue dovranno esprimersi sul divieto totale di questi principi attivi – clothianidin, imidacloprid e thiamethoxam – molto usati in agricoltura. Già oggi l’uso di neonicotinoidi subisce alcune restrizioni decise nel 2013 e nel marzo 2017 la Commissione europea ha proposto un bando permanente ai tre neonicotinoidi, con l’eccezione del loro utilizzo nelle serre. Probabilmente una prima occasione di discussione dei Paesi potrebbe essere già il 22 marzo prossimo, nel comitato sulla legislazione dei pesticidi, dopo che lo scorso dicembre il voto era stato rimandato proprio per attendere la pubblicazione del rapporto dell’EFSA.
Dopo la nuova valutazione dell’EFSA sui danni dei neonicotinoidi per le api, sia mellifere che selvatiche (bombi e api solitarie), la Commissione UE, attraverso un portavoce, ha osservato che il parere dell’Autorità per la sicurezza alimentare “rafforza le basi scientifiche della proposta della Commissione di vietare ogni impiego all’aria aperta per le sostanze in questione” . E ha annunciato che la questione verrà discussa con gli Stati membri nel comitato per gli alimenti, le piante e i mangimi, in programma il 22 marzo.
E il giorno dopo l’EFSA, giovedì 1° marzo, anche l’Europarlamento ha votato una risoluzione non legislativa “Api: una strategia di sopravvivenza a lungo termine”, in cui si chiede di vietare tutti i pesticidi nocivi, di promuovere controlli più severi, per fermare le importazioni di miele contraffatto, e di informare il pubblico dei benefici del consumo di miele e degli usi terapeutici dei prodotti delle api.
Approvata con 560 voti in favore, 27 voti contrari e 28 astensioni, la risoluzione chiede un piano d’azione europeo per combattere la mortalità delle api attraverso programmi di allevamento per aumentare la resistenza a specie invasive, il rafforzamento della ricerca su farmaci innovativi per le api, il divieto di tutti i pesticidi che hanno effetti negativi scientificamente dimostrati sulla salute delle api, compresi i neonicotinoidi e la segnalazione preventiva dei periodi di irrorazione delle colture per evitare danni alle api.
Con circa 600.000 apicoltori (di cui più o meno 50.000 in Italia) che producono circa 200.000 tonnellate di miele all’anno, l’UE è il secondo produttore mondiale di miele dopo la Cina. I maggiori produttori europei nel 2016 sono stati Romania, Spagna e Ungheria, seguiti da Germania, Italia e Grecia.
L’UE importa 200.000 tonnellate di miele, principalmente da Cina, Ucraina, Argentina e Messico. I test effettuati dal Centro comune di ricerca della Commissione hanno dimostrato che il 20% dei campioni prelevati alle frontiere esterne dell’UE o presso gli importatori non è conforme alle norme europee.