I primi dati elaborati dal Sinab, il Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica, per il ministero delle Politiche agricole e resi noti a inizio agosto.
di Goffredo Galeazzi
Nel 2016 gli ettari coltivati con il metodo biologico hanno raggiunto quota 1.795.650, rispetto agli 1,5 milioni del 2015, raggiungendo un peso di circa il 14%. Se nel 2015 il biologico copriva un’area agricola grande quanto quelle di Toscana, Marche e Umbria messe assieme (il 12% dell’intera agricoltura italiana), nel 2016 ha abbandonato l’uso di pesticidi chimici di sintesi una superficie agricola pari a quelle di Liguria e Molise. E cresce anche il numero degli operatori bio che si attestano a 72.154 unità. Sono i dati elaborati dal Sinab, il Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica, per il ministero delle Politiche agricole.
I dati diffusi dal Ministero delle politiche agricole e forestali ad inizio agosto evidenziano che tra le colture bio che hanno registrato maggiore incremento ci sono gli ortaggi (+48,9%), i cereali (+32,6%), la vite (+23,8%) e gli ulivi (+23,7%). Sicilia, Puglia e Calabria sono le tre regioni con la maggiore estensione di superfici biologiche, rispettivamente con 363.639 ettari, 255.831 ettari e 204.428 ettari. Per Maurizio Martina, ministro dell’agricoltura, ci troviamo “sulla strada giusta”. L’agricoltura biologica italiana “è tra le più sostenibili d’Europa, oltre ad aver avuto ricadute non solo sulla salute e la bontà dei prodotti, anche sull’occupazione: i lavoratori impiegati sono aumentati nel 2016 del 20,3%”. I finanziamenti per il sostegno all’agricoltura bio “sono arrivati dall’Unione Europea che ha stanziato 1,5 miliardi per le Regioni fino al 2020 e dallo Stato, che ha introdotto le mense biologiche, oltre ad aver rafforzato i controlli per prodotti certificati con sempre maggior certezza”.
“Dal nostro osservatorio, anche il 2017 confermerà l’andamento di crescita significativo, sia per numero di operatori che di superfici agricole e allevamenti convertiti al bio -commenta Paolo Carnemolla, presidente di FederBio- oltre al supporto dei Piani di sviluppo rurale regionali ricordato dal ministro Martina, la crescita è dovuta anche ai cambiamenti del mercato, il cui scenario vede l’agricoltura convenzionale perdere sempre più competitività e redditività, mentre il consumo di prodotti biologici si afferma in Italia e nel mondo, meglio ancora se Made in Italy. Nei giorni scorsi – continua Carnemolla – abbiamo chiesto al ministro Martina e agli assessori regionali e provinciali di riprendere già a settembre il percorso di un Piano strategico di settore, che trovi legittimità nella legge per il biologico già approvata a maggio dalla Camera e ora ai passaggi finali al Senato. Se non si affronta come sistema agricolo nazionale il crescente divario fra l’offerta di prodotti bio nazionale e la domanda del mercato, un divario che nemmeno questa crescita delle superfici agricole è in grado di colmare, rischia di essere inefficace anche la necessaria e improcrastinabile riforma del sistema di controllo, su cui abbiamo garantito appoggio e collaborazione leali al governo”.
L’approvazione di un piano strategico di settore nazionale risulta tanto più urgente quanto più anche gli altri Stati europei si sono resi conto della perdita di competitività dell’agricoltura tradizionale e decidono perciò di investire nel biologico: la Francia ad esempio sposterà il 4,2% dei fondi per aiuti diretti all’agricoltura a programmi di sviluppo rurale per sostenere le aziende biologiche, oltre a quelle che si trovano in zone dissestate e a soddisfare le richieste di assicurazioni sul raccolto. I cambiamenti climatici stanno provocando danni ingenti all’agricoltura e la produttività è calata drasticamente: solo sulla produzione del grano è stato calcolato che lo stress termico può far diminuire la resa del 40%. Siccità e alluvioni inoltre provocano un logico aumento di richiesta di assicurazioni sul raccolto da parte degli agricoltori.