Manuela Giovannetti, docente di Microbiologia agraria, interviene sulla campagna “La Compagnia del suolo”
Spesso trascurato, il suolo che calpestiamo va considerato una pelle delicata che stiamo ferendo in vari modi. Erosione, cementificazione e aggressione chimica sono le aggressioni più gravi. Eppure il suolo non solo è un prezioso alleato nella cattura della CO2, ma è un custode di biodiversità. Una specie su 4 di quelle presenti sul pianeta vive nel terreno. Un ettaro di suolo contiene una quantità di biomassa microbica che va dalle 3 alle 10 tonnellate. Senza contare le altre forme di vita, dagli insetti ai lombrichi.
Un universo messo in pericolo dalla gran quantità di pesticidi che utilizziamo. La salute del suolo è stata al centro della campagna “La Compagnia del suolo”, un’iniziativa di FederBio all’interno del progetto Cambia la Terra. Quattromila chilometri percorsi in Italia, 24 terreni analizzati (metà di agricoltura convenzionale, metà biologica) allo scopo di misurare le tracce lasciate dalla chimica su questi terreni.
In attesa dei risultati della campagna che saranno presentati il prossimo 27 aprile, di suolo e dell’impatto prodotto dalla chimica abbiamo parlato con Manuela Giovannetti, professoressa emerita di Microbiologia agraria all’Università di Pisa e membro dell’Accademia dei Georgofili.
“La chimica di sintesi produce un pesante impatto sul suolo. Purtroppo in Italia il consumo di pesticidi negli ultimi 10 anni non è diminuito. O è diminuito di molto poco. Consumiamo più pesticidi del Canada e degli Usa. Il nostro Paese è ancora al terzo posto in Europa dopo Olanda e Belgio. Nei nostri terreni spruzziamo 5,7 chili di pesticidi per ettaro, poco meno del Belgio (7) ma molti più di Danimarca e Finlandia. Il fatto è che i principi attivi contenuti nei pesticidi (fungicidi, battericidi, erbicidi) non sono specifici. Ovvero non hanno un target preciso ma sono generalisti. Oltre a colpire il microrganismo target hanno effetti sugli altri microrganismi presenti nel suolo, danneggiando così la biodiversità Inoltre si tratta di principi attivi tossici che hanno pesanti effetti su di noi e sul cibo che produciamo”.
Ad esempio?
“Nella storia sono numerose le sostanze chimiche usate per anni e poi vietate. Non solo il Ddt. Più recentemente l’atrazina, erbicida bandito nella Ue ma ancora molto utilizzato negli Usa nonostante sia classificato da molti studi come interferente endocrino. Molti lavori fatti sulle rane hanno evidenziato che può provocare un cambio di sesso”.
Che rapporto c’è tra un suolo sano e il cibo che produce?
“Faccio un esempio. Diciotto scienziati di 9 Paesi tra cui l’Italia hanno pubblicato una metanalisi analizzando 343 lavori scientifici per confrontare la qualità del cibo prodotto dall’agricoltura convenzionale e da quella biologica. Oltre ovviamente all’assenza di residui di pesticidi, i cibi bio hanno minor contenuto di cadmio. Ma soprattutto hanno una quantità maggiore di antiossidanti, come i polifenoli che risultano crescere dal 19 al 69%”.
Quali sono i benefici per il consumatore?
“Una dieta ricca di antiossidanti riesce a combattere i radicali liberi che provocano danni cellulari e previene così molte malattie. Ad esempio il licopene contenuto nel pomodoro è un antiossidante che previene tumori e altre malattie. Il cibo prodotto da un suolo sano ha un valore aggiunto che va evidenziato e dovrebbe riflettersi anche sul valore economico dell’alimento e sul bilancio delle imprese agricole”.
Quale è l’impatto dei pesticidi sui microrganismi presenti nel suolo?
“In un grammo di suolo c’è un miliardo di batteri. Alcuni sono patogeni. Ma molti sono decisamente utili. Penso agli antibiotici prodotti dai microrganismi. Servono anche a ottenere molti cibi come pane, birra, formaggi, aceto, yogurt”.