In agricoltura, gli incentivi oggi vanno a un modello basato sull’uso di pesticidi e concimi di sintesi. “Chi non inquina, non paghi!”, l’evento alla Camera per il Rapporto Cambia la Terra 2018.
In Italia, oltre il 97% degli incentivi pubblici europei viene destinato a sostenere sistemi agricoli basati sull’uso di sostanze chimiche dannose per gli ecosistemi e la salute umana. L’agricoltura biologica e il suo ruolo di difesa ambientale e sanitaria ottiene solo il 3% delle risorse economiche. Sono infatti gli agricoltori del bio che pagano costi economici più alti per coltivare in maniera pulita. E lo fanno a molti livelli:
- più lavoro per produrre senza concimi e diserbanti di sintesi chimica,
- maggiori costi amministrativi e burocratici,
- costi aggiuntivi per difendersi dalla contaminazione accidentale di sostanze chimiche diffuse dai campi vicini,
- una produzione più contenuta.
Questi dati e i veri costi nascosti del sistema agricolo attuale sono stati al centro della conferenza stampa di presentazione del Rapporto Cambia la Terra 2018, presentato ieri alla Camera dei Deputati, a due mesi dalla sua pubblicazione. Le associazioni che hanno voluto e realizzato il documento (Federbio con ISDE – Medici per l’Ambiente, Legambiente, Lipu, WWF) hanno avanzato proposte alla politica e alle istituzioni per rovesciare la situazione attuale in cui “chi non inquina, paga”, ricevendo una grande attenzione dalle istituzioni e dagli attori politici del settore.
“Occorrono scelte coraggiose, lo stato del Pianeta impone con urgenza di lasciare alle spalle metodi di produzione a forte impatto ambientale. Per questo è necessario puntare ad aumentare le superfici coltivate con il metodo biologico, in modo da garantire il contrasto al cambiamento climatico, la tutela del suolo, della biodiversità e della salute dei cittadini. Inoltre puntare sull’agricoltura biologica è anche una opportunità strategica di sviluppo per le aziende agricole e di occupazione per i giovani”, ha detto Maria Grazia Mammuccini, di FederBio, presentando le proposte di Cambia la Terra.
Bisogna quindi rendere operative le dichiarazioni di principio e investire con decisione nell’agricoltura pulita. La proposta è di passare dal 15,4% di superficie coltivata a bio in Italia a fine 2017 al 40% di campi biologici entro il 2027, a conclusione del periodo di programmazione della nuova PAC.
Superare i vecchi modelli
Il modello agricolo della seconda metà del ‘900 (la cosiddetta “rivoluzione verde”: industrializzazione più chimica di sintesi) si sta esaurendo a causa dell’enorme impatto ambientale che ha generato. L’11% dei gas serra che stanno alzando la febbre del Pianeta proviene dai campi coltivati; l’allargarsi a dismisura di coltivazioni sta eliminando boschi e foreste ed è una delle prime due cause di perdita di ecosistemi.
“Si tratta di un obiettivo condiviso – ha aggiunto Susanna Cenni, vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera – quello per la cura della terra, della sua fertilità e della salubrità del cibo. Il biologico non è una pratica che può risolvere tutti i problemi ambientali, ma a oggi è indubbiamente lo strumento per contrastare alcuni fenomeni che stanno distruggendo la nostra agricoltura”.
Per il presidente della Commissione Agricoltura Filippo Gallinella, quello della transizione al biologico “è un percorso che ci vedrà uniti con l’aiuto della ricerca. La sostenibilità può essere misurata, sarà però in buona parte il consumatore a operare la scelta definitiva. I cittadini vogliono cibo sano e attento all’ambiente, che ricollegano direttamente al cibo biologico. Lo ha ribadito anche un sondaggio realizzato dalla commissione che si sta occupando della PAC. La sfida è riuscire a misurare la sostenibilità, indicarla sulle etichette dei prodotti e lasciare che il consumatore possa ‘votare con il carrello’. In questo modo sarà lui stesso un segnale ai produttori”.
Maggiori costi, più lavoro, rischio di perdere il marchio biologico se accidentalmente si contaminano i raccolti con pesticidi rilasciati nell’aria da un coltivatore convenzionale vicino e trasportati da un corso d’acqua inquinato. Ci sono intere aree d’Italia, ad esempio quella di coltivazione del prosecco, dove agli agricoltori biologici non è sostanzialmente permesso di svolgere la propria attività. Ma proprio in questi giorni si comincia a discutere a livello parlamentare della legge nazionale sull’agricoltura biologica. Ed è aperto il confronto istituzionale sull’aggiornamento del PAN (Piano d’Azione Nazionale) pesticidi e sulla definizione della nuova PAC 2021-2027. È quindi il momento di fare scelte chiare per ridurre drasticamente l’uso dei pesticidi e diffondere l’agricoltura biologica.
Il green new deal dell’agricoltura biologica
“Non si può fare una politica economica e agricola che sia staccata da quella ambientale. Per questo dobbiamo stare anche dalla parte dei produttori”, ha detto Silvia Benedetti (deputata del Gruppo Misto). “Oggi, una percentuale dello 0,5% del fatturato dei produttori di fitosanitari va al fondo per l’agricoltura biologica. Nella scorsa legislatura avevo già proposto di alzare questa percentuale: nel regolamento del biologico in discussione attualmente infatti è stata portata al 3%. Ora ho proposto un nuovo emendamento per alzare ulteriormente questa percentuale al 5%. Penso che possa essere un segnale positivo, un incentivo per coloro che vogliono passare al biologico”.
In Italia, a oggi, la Politica agricola europea (PAC) nel periodo 2013-2020, ha destinato 963 milioni di euro all’agricoltura biologica (secondo i dati elaborati dall’Ufficio studi della Camera dei deputati), contro i 41,5 miliardi destinati a quella convenzionale. Se si ragiona in termini di superficie, i campi biologici hanno ricevuto sei volte in meno di quello che spetterebbe loro; senza tener conto, inoltre, dei benefici ambientali che creano e che invece andrebbero contabilizzati e incentivati. Per questo motivo il comitato di Cambia la Terra chiede un cambio di rotta per la futura PAC, alla luce dei benefici ambientali ed economici che l’agroecologia e più specificamente l’agricoltura biologica può portare. A cominciare dalla tutela dei territori più fragili vessati dall’erosione, dalla desertificazione e dal dissesto idrogeologico fino alla tutela della salute pubblica.
Rossella Muroni (LeU), in questo senso ha sottolineato l’importanza dei biodistretti: “Il biologico è una di quelle pratiche che cambiano le cose. Cambia la storia dei territori e disegna un nuovo modo di fare economia. Non è una pratica per pochi ma è un modello alternativo per ripensare il settore. Un sistema antico ma al tempo stesso moderno, che può essere un presidio di controllo ambientale del territorio.”
È possibile rivedere l’evento sul sito della WebTv della Camera dei Deputati.
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PROGRAMMA DELL’EVENTO