Caporalato e pesticidi illegali: blitz nel Pontino

Sgominata un’associazione per delinquere dedita allo sfruttamento di manodopera extracomunitaria e all’impiego illecito di fitofarmaci

Nella provincia di Latina i carabinieri si danno da fare. Tre anni fa in più operazioni avevano sequestrato quantità ingenti di pesticidi illegali. “Il commercio di agrofarmaci contraffatti, revocati o comunque non regolamentari, gestito dalle agromafie alimenta un traffico sommerso che sfugge alle valutazioni sull’impatto che tali sostanze determinano nell’ambiente”, ci disse allora il comandante dei Nas di Latina, Felice Egidio. Questa volta l’indagine “Job tax”, avviata dalla Procura della Repubblica e condotta dal capitano Egidio, ha portato in carcere sette persone (quattro al vertice di una grande azienda agricola del Pontino, un agronomo e due “caporali” bengalesi). Sono indagate per associazione per delinquere dedita allo sfruttamento di manodopera extracomunitaria in agricoltura, a estorsioni nei confronti dei braccianti e all’impiego illecito di fitofarmaci non autorizzati nelle coltivazioni in serra. Oltre agli arresti, i carabinieri hanno sequestrato beni mobili e immobili per oltre 500 mila euro.

Sfruttamento di manodopera

Nel corso delle indagini, avviate a partite dall’ottobre 2019 nel territorio della provincia pontina, i militari del Nucleo anti sofisticazione (Nas) hanno scoperto un contesto di sfruttamento di manodopera in agricoltura. Manodopera straniera per lo più di origine bengalese, pakistana e indiana, estesa su cinque siti produttivi che vanno da San Felice Circeo a Terracina passando per Sabaudia. Si tratta di colture di ortaggi destinati al mercato locale, nazionale ed estero. Illecite non soltanto per via del caporalato, ma anche per i prodotti utilizzati.

Denuncia di un bracciante bengalese

L’indagine è partita da una denuncia sporta da un bracciante di origini bengalesi. Lamentava le condizioni di sfruttamento e le intimidazioni subite ad opera di connazionali.

Secondo la ricostruzione dei Nas, l’azienda agricola del pontino assumeva e impiegava mano d’opera di cittadini stranieri sottoponendoli a condizioni di sfruttamento con gravi carenze in materia di sicurezza sul lavoro. Inoltre, li costringeva a sottoscrivere la ricevuta di una busta paga falsata. In realtà ricevevano una paga di 6 euro per giornate lavorative anche di 12 ore. Tutto questo insieme a una forma di controllo sul risultato del lavoro che prevedeva minacce e sanzioni corporali e economiche.

Fitofarmaci non più in commercio

I fitofarmaci utilizzati, la cui gestione era affidata a una persona, chiamata agronomo, ma era priva di qualifiche professionali, sono risultati non più in commercio. E adesso i Nas stanno valutando quanto tali sostanze possano essere dannose per la salute umana.

In una nota, Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, e Roberto Scacchi, presidente Legambiente Lazio, hanno ricordato proprio quest’ultimo punto come un “aspetto da non trascurare. Il controllo delle forze dell’ordine deve unirsi a una sempre più consapevole conoscenza dei rischi legati all’utilizzo della chimica dannosa in agricoltura. In agricoltura – conclude la nota – serve un cambio di passo affinché la legalità possa tornare nei campi e dunque nelle nostre tavole e per fare in modo che nessuno venga più sfruttato”.