“Cambiamo Pac: ne serve una amica dell’ambiente”

Ieri seguitissimo webtalk sulla conversione del mondo agricolo europeo verso l’agroecologia, promosso dalla coalizione #CambiamoAgricoltura. Mentre le istituzioni europee decidono il futuro del settore

La nuova Politica agricola comune sosterrà davvero un cambio di rotta verso la sostenibilità del settore? Per le associazioni ambientaliste e del biologico e per una parte importante del mondo della ricerca, la risposta è: “così, no”.
È la posizione ampiamente maggioritaria emersa ieri, 18 novembre, nel corso di un seminario online intitolato “Agroecologia e Pac post 2020”, promosso dalla Coalizione #CambiamoAgricoltura. All’incontro web hanno partecipato le associazioni della coalizione (in articolare FederBio, WWF, Slow Food), le tre maggiori associazioni agricole e il mondo della ricerca, per confrontarsi sulle reali prospettive offerte dalla politica europea per la promozione dell’agroecologia. Un dibattito molto seguito, cui hanno assistito circa 400 persone in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale Youtube di #CambiamoAgricoltura. Le associazioni della coalizione si sono dunque rivolte all’esecutivo comunitario che, insieme alla delegazione del Parlamento UE e alla presidenza tedesca dell’Unione, svolge oggi la sua seconda riunione formale del negoziato del Trilogo.

I punti critici

La nuova Politica agricola europea avrebbe dovuto diventare uno degli strumenti del Green Deal, ma le revisioni uscite dal recente voto dall’Europarlamento e dalla decisione del Consiglio AgriFish non hanno impresso quella spinta innovativa che avrebbe dovuto sostenere la transizione ecologica dell’agricoltura.

“La PAC, così come è uscita dal voto del Parlamento europeo, destina il 30% delle sovvenzioni dirette agli agricoltori a pratiche che dovrebbero servire a contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità”, ha detto aprendo l’incontro la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini. “Ma nello stesso tempo considera pratiche agricole a carattere ambientale metodi che non di ambientale non hanno nulla: l’agricoltura integrata, che utilizza ampiamente pesticidi; quella conservativa, che non dissoda la terra ma per combattere le infestanti utilizza il glifosato; quella di precisione, che è tale solo in quanto utilizza strumenti tecnologici sofisticati e può on avere particolari effetti sulla riduzione della chimica di sintesi nei campi. In sostanza i soldi per i cosiddetti ecoschemi vanno a tutti ”.

Una posizione che rispecchia quella dell’intera Coalizione, oltre che del mondo del bio. Nella nuova versione uscita dall’esame dei governi e dell’Europarlamento, sono infatti assenti gli strumenti e le risorse necessarie per arrivare agli obiettivi delle Strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030: il 50% della riduzione dell’uso di pesticidi chimici di sintesi nei campi, il taglio del 20% dei fertilizzanti di sintesi e del 50% degli antibiotici negli allevamenti, la conversione al biologico del 25% della superficie agricola europea. Mentre sul fronte di incentivi e deterrenti allo stato attuale non vengono tagliati – come invece da più parti si chiedeva – i sussidi agli allevamenti intensivi di bestiame, responsabili di tre quarti delle emissioni dei gas serra a livello europeo dell’intero comparto agricolo. Risultato? L’80% dei fondi finirà al 20% delle aziende agricole più grandi.

Di altro avviso le organizzazioni agricole. Per Paolo Di Stefano, responsabile Affari UE Coldiretti, ad esempio, “non ci sono i presupposti per ritirare la proposta, non ritengo sia meno ambiziosa rispetto a quella iniziale della Commissione UE. La Pac è prima di tutto una politica economica, ed è comune”, come ha detto ieri nel corso del webinar.

Il braccio di ferro tra istituzioni UE e il quadro nazionale

Il Commissario europeo Frans Timmermans intanto ha ribadito pubblicamente proprio in questi giorni la sua volontà – e dunque quella dell’esecutivo europeo – di rinforzare le misure a favore della sostenibilità ambientale dell’agricoltura. I negoziati sono in corso e continueranno per diversi mesi. Si vedrà quindi se prevarrà l’orientamento della Commissione o quello votato dall’emiciclo di Bruxelles.
Ogni Paese membro, nel frattempo, potrà e dovrà fare la sua parte attraverso la realizzazione di un Piano Strategico Nazionale (Psn). Ed è (anche) attraverso questo strumento che ambientalisti e realtà del bio vogliono fare la differenza.

“Occorre che il confronto sulla riforma della Pac e sulla redazione in Italia del PAC si apra con maggiore trasparenza a tutti gli interlocutori interessati: ambientalisti, associazioni del biologico e consumatori. Alla ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, chiediamo subito l’apertura del tavolo di lavoro sul Piano Strategico Nazionale in attuazione della PAC post 2020, ad iniziare dall’analisi condivisa dei fabbisogni nazionali per una agricoltura sostenibile”, hanno detto le associazioni ambientaliste e il mondo del biologico. Ma la strada potrebbe essere in salita. La fotografia emersa dagli interventi del seminario disegna un governo italiano orientato su altre posizioni: secondo Stefano Bocchi, docente di a Milano, “nel voto sulla PAC alcuni Paesi si sono spaccati in due. È il caso della Germania, i cui eurodeputati hanno votato contro l’ultima versione della PAC al 48%, e soprattutto della Spagna, che si espressa al 59% contro. Gli eurodeputati italiani hanno votato per l’87% a favore. Paghiamo una situazione – ha concluso Bocchi – in cui la politica non sviluppa un reale dibattito né con i cittadini né con il mondo della ricerca”.

#CambiamoAgricoltura è una rete di organizzazioni e persone che pensano che l’attuale Politica agricola comune (Pac) sia in crisi e abbia bisogno di essere riformata. Ne fanno parte associazioni ambientaliste, dell’agricoltura sostenibile e associazioni di consumatori: ACU Associazione Consumatori Utenti, Associazione Italiana di Agroecologia, Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Accademia Kronos, CIWF Italia, Associazione Agricoltura Biodinamica, FederBio, ISDE – Associazione Medici per l’ambiente, Legambiente, Lipu, ProNatura, Rete Semi Rurali, Slow Food Italia e Wwf Italia.