I risultati di uno studio inglese durato 10 anni rivelano che nelle aziende agricole la rinaturalizzazione delle aree fa crescere i raccolti
Riservare parte delle aree agricole alla natura non riduce la produttività. Al contrario in certi casi la fa aumentare. Lo ha dimostrato un progetto decennale del Centre for Ecology and Hydrology del Regno Unito condotto a Hillesden, un’azienda agricola convenzionale di 1.000 ettari nel Buckinghamshire. Qui a partire dal 2005 sono state naturalizzate parti dell’area agricola creando diversi habitat a supporto della biodiversità.
Risultato: grazie alle piante nate in queste zone è aumentata la presenza di insetti utili alla produzione agricola come gli impollinatori e degli insetti predatori di parassiti.
Cresciuto anche il numero di alcune specie di farfalle, così come quello di piccoli mammiferi e uccelli. Quasi raddoppiata – ad esempio – la presenza della cinciallegra (+88%) e della cinciarella che hanno beneficiato del riparo fornito da siepi e margini erbosi.
Proprio grazie alla presenza di questi insetti e di animali, nonostante una quota della superficie agricola sia stata sottratta alla coltivazione, le rese complessive dell’azienda agricola sono rimaste inalterate e in certi casi migliorate.
“Questo progetto ci ha fatto rendere conto – hanno scritto i ricercatori – che non conviene coltivare in aree poco produttive dove invece è più vantaggioso lasciare spazio alla natura facendo aumentare la resa media. Avere più natura in azienda influisce positivamente sui raccolti.”
A rendere particolarmente interessante lo studio inglese è la sua potenziale replicabilità in contesti analoghi. E’ stato infatti condotto in una fattoria di grandi dimensioni, gestita con pratiche agricole convenzionali, in un territorio privo di aree naturali di particolare estensione.