L’aumento dei prezzi e le difficoltà del settore spingono ad accelerare le riforme
Di Maria Grazia Mammuccini
Dopo una lunga attesa, la legge sul biologico è stata finalmente approvata dal Parlamento. E arriva proprio nel momento giusto. Perché ora abbiamo di fronte molti ostacoli e molte possibilità. E dobbiamo fare in modo che le possibilità ci permettano di superare gli ostacoli.
Comincio dagli ostacoli. L’aumento dei prezzi e le difficoltà di approvvigionamento di molte materie prime che hanno caratterizzato la ripresa post pandemica, e che sono state ulteriormente e drammaticamente accentuate dalla crisi ucraina, hanno prodotto una crisi profonda del settore agricolo. Da questa crisi non si può uscire tagliando le misure di protezione ambientale e rinnegando la spinta europea che ha portato alle strategie Farm to Fork e Biodiversità – come qualcuno ha suggerito – perché queste strategie sono legate a obiettivi fondamentali e prioritari come la lotta contro la crisi climatica e la difesa della salute.
Al contrario bisogna spingere in direzione di un’accelerazione della transizione ecologica in campo agricolo. E ora, per fortuna, abbiamo una serie di strumenti a disposizione per farlo. C’è un fondo per il biologico istituito nella Finanziaria 2020, in vista dell’approvazione della legge, che ha in dotazione 30 milioni di euro in tre anni. Poi c’è il Pnrr che nei prossimi 5 anni destinerà 1,2 miliardi di euro allo sviluppo dell’agricoltura sostenibile (il 25% di questa cifra è per filiere del made in Italy bio e per i distretti biologici).
Infine c’è il Piano Strategico Nazionale (Psn) per la Pac che è stato inviato a Bruxelles a fine 2021 e diverrà operativo dal primo gennaio 2023: sono altri 2,5 miliardi per la conversione e il mantenimento dei campi bio. Altri fondi sono destinati a investimenti per l’assistenza tecnica, per la formazione e per i progetti di cooperazione territoriale legati al sostegno e alla diffusione dei distretti biologici.
Complessivamente dunque abbiamo a disposizione oltre 3 miliardi di euro in 5 anni, circa il doppio dei precedenti stanziamenti: una quantità di risorse che permette di avviare progetti per avere ricadute importanti e durature sui territori in termini ambientali, economici e occupazionali.
Ci vuole però un impegno immediato del governo per l’attivazione del Tavolo tecnico per la produzione biologica: occorre confrontarsi subito sulla messa a punto del Piano d’azione per il biologico. Questo Piano, in coerenza con il Piano d’Azione europeo, è già previsto anche dal Psn . Ma a maggior ragione va redatto ora che è stata approvata una legge in cui all’articolo 7 si dice che il Ministro, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, deve emanare un decreto che contenga il Piano di azione nazionale per la produzione biologica.
Occorre dunque far partire immediatamente il Tavolo per la definizione di questo piano. Ed è importante che le associazioni del bio mantengano il percorso unitario che ha segnato il periodo di discussione della legge in Parlamento rafforzando le alleanze con le organizzazioni agricole e ambientaliste che maggiormente si sono spese per l’approvazione della legge. Anche perché per arrivare all’obiettivo indicato dall’Unione Europea – un quarto di terreni bio – non si può fare a meno di un’interlocuzione con tutto il sistema agricolo.
Ci sono poi una serie di obiettivi previsti dalla legge su cui bisogna lavorare in maniera seria. Mi limito qui, per ragioni di spazio, a ricordarli in poche righe. Il marchio del made in Italy bio, che può essere uno strumento per permettere alle filiere di arrivare a un giusto prezzo che aiuti il consumatore. Lo sviluppo dei distretti biologici, che può dare risposta all’esigenza di sostenere la dimensione territoriale, quella delle comunità locali del cibo che tengono assieme i valori della qualità del cibo, dell’ambiente, del paesaggio, del turismo, dell’artigianato e che sono particolarmente importanti per il rilancio dei parchi e delle aree interne.
Infine ci sono altri due punti che non possono essere trascurati. Il primo è il sostegno alla ricerca sul biologico: la legge destina il 2% del fatturato realizzato vendendo prodotti fitosanitari e fertilizzanti di sintesi al capitolo della ricerca e dell’innovazione mirati a migliorare le performance del biologico. E il secondo è dato dalle campagne di comunicazione e informazione ai cittadini per agevolare l’ulteriore crescita del biologico.