Presentato dalla Commissione Ue uno studio a favore delle nuove tecniche di ingegneria genetica. Il dissenso delle associazioni ambientaliste e del settore biologico
Non sempre l’Unione Europea è coerente. E’ accaduto con la Pac. E sta accadendo di nuovo con gli Ogm. Se da una parte con la strategia Farm to Fork l’Europa sostiene lo sviluppo dell’agricoltura biologica, dall’altra appoggia l’editing genetico, le New Genomic Tecniques in grado di modificare il materiale genetico di un organismo.
Nello studio pubblicato pochi giorni fa, la Commissione europea ha espresso il proprio appoggio alle Ngt, considerandole in grado di contribuire a un sistema alimentare più sostenibile e in linea con gli obiettivi della strategia Farm to Fork. Alla base di questa decisione gli stessi argomenti adottati anni fa per i primi Ogm e poi smentiti dai fatti: le Ngt possono far sì che le colture siano più resistenti alle malattie, alle condizioni ambientali e agli effetti dei cambiamenti climatici. In pratica – si sostiene – si potrà coltivare utilizzando minori quantità di pesticidi e con maggiori rese.
Lo studio ha sollevato molte preoccupazioni da parte della società civile, delle associazioni ambientaliste e dei produttori biologici – tra cui Federbio, Firab, Greenpeace, Isde, Legambiente, Lipu, Slow Food e Wwf – che hanno espresso le loro perplessità. La decisione della Commissione – scrive FederBio – appare una resa di fronte alle pressioni delle industrie dell’agribusiness.
Già alcuni mesi fa il mondo delle realtà bio e ambientaliste aveva messo in guardia rispetto alle Ngt.
“In questo modo – si leggeva in un comunicato del 21 dicembre – si apre la strada ai nuovi Ogm che certamente non sono lo strumento utile a difendere tipicità, tradizione e territorialità delle nostre produzioni, ma anzi servono a prolungare l’esistenza di quell’agricoltura a monocoltura intensiva insostenibile e sempre più dipendente dalla chimica che di fatto minaccia sempre di più la biodiversità, l’ambiente, la salute e la sopravvivenza della tradizione agricola italiana. I ‘nuovi’ Ogm sono ancora più insidiosi dei ‘vecchi’, in quanto con le nuove tecniche di ingegneria genetica si può modificare di fatto la grande maggioranza di specie di interesse agrario quali le ortive come il pomodoro, i fruttiferi come il melo o la vite e quelle di interesse forestale. La presenza dei nuovi Ogm in pieno campo sarebbe devastante non solo per la biodiversità, ma anche economicamente”.
Lo studio inoltre chiede una regolamentazione specifica per le nuove tecniche di manipolazione genetica. Sottraendo le Ngt alla normativa degli Ogm sotto la quale al momento ricadono, come stabilito nel 2018 dalla Corte di Giustizia europea.
Un altro aspetto sul quale le associazioni ambientaliste e biologiche hanno espresso il loro dissenso: “Sottrarre i prodotti Ogm ottenuti con queste tecniche alla normativa in essere significa rimettere in discussione una etichettatura chiara, la cui rimozione potrebbe privare i consumatori del diritto di conoscere e scegliere cosa stanno acquistando.”
Per Greenpeace Italia è in gioco il principio di precauzione. “L’Unione europea ha la responsabilità di proteggere il diritto degli agricoltori di sapere ciò che coltivano e delle persone di scegliere ciò che mangiano, oltre che di proteggere l’ambiente e la biodiversità dai potenziali danni causati dai nuovi Ogm. La Commissione e i governi nazionali devono rispettare il principio di precauzione e la decisione della Corte di giustizia europea: gli Ogm, anche se gli si dà un nome diverso, restano comunque Ogm e devono essere trattati come tali”. Lo ha dichiarato ha dichiarato Federica Ferrario di Greenpeace.
Le richieste delle associazioni ambientaliste e bio
Le associazioni ambientaliste e bio chiedono che i parlamentari europei e nazionali, i governi nazionali, regionali e locali si mobilitino immediatamente per impedire l’ingresso non dichiarato e la coltivazione di organismi geneticamente modificati in Europa. “Una vera transizione ecologica – scrivono le associazioni – si ottiene offrendo supporto all’agricoltura contadina, promuovendo l’agricoltura biologica e favorendo l’agroecologia, l’economia circolare, la filiera corta e non cedendo alle pressioni delle multinazionali e delle grandi corporazioni agricole. Proprio queste infatti otterrebbero il controllo delle filiere agroalimentari continuando a imporre, di fatto, i vecchi sistemi di produzione e distribuzione che hanno condotto alla crisi ambientale attuale.”