Le lavoratrici raccoglieranno uva da tavola in Puglia e saranno assunte nell’ambito di un progetto per la valorizzazione della legalità e dei diritti dei braccianti
di Barbara Battaglia
“Donne braccianti contro il caporalato”, questo il nome di un nuovo progetto appena avviato tra Puglia e Basilicata. Un’iniziativa che, oltre a promuovere la legalità, valorizza l’agricoltura biologica. Dal 28 luglio scorso, infatti, cinquanta braccianti pugliesi e lucane, già vittime di sfruttamento, saranno coinvolte nella prima filiera bio-etica contro il caporalato tutta al femminile.
Il progetto è nato grazie ad un accordo tra l’associazione anti-caporalato NoCap, impegnata nel promuovere e valorizzare le aziende agricole che rispettano legalità e diritti dei lavoratori, il Gruppo Megamark di Trani e Rete Perlaterra, associazione e rete tra imprese che promuovono pratiche agroecologiche di lavoro della terra.
Le lavoratrici raccoglieranno uva da tavola biologica nei campi di Ginosa, in provincia di Taranto. Il raccolto sarà successivamente confezionato nell’impianto di Aba Bio Mediterranea di Policoro, in provincia di Matera, e distribuito dal Gruppo Megamark con il bollino Nocap e il marchio etico e di qualità Iamme. Si stima una produzione di circa 950 mila confezioni da mezzo chilo di uva, per un fatturato atteso di circa un milione di euro. La raccolta avverrà fino al prossimo mese di novembre. Alle braccianti sarà tuttavia garantito un lavoro anche nei sei mesi successivi, con la raccolta degli agrumi.
Le lavoratrici saranno impiegate con un contratto di lavoro dignitoso, che prevede 6,5 ore al giorno nei campi e una paga giornaliera di 70 euro lordi. Non solo, perchè avranno a disposizione un alloggio e il trasporto gratuito verso il luogo di lavoro. Maggiori diritti per le persone e un’agricoltura sempre più rispettosa dell’ambiente e del territorio, biologica ed etica dunque, vanno di pari passo.