Ipcc: cambiamo dieta per salvare il pianeta

Il 23% delle emissioni di gas serra globali deriva da attività altamente dannose come l’agricoltura industriale. Il cambiamento climatico aumenterà fame e migrazioni

di Redazione


Alto rischio siccità, incendi, scongelamento del permafrost e insicurezza alimentare. Ecco cosa ci aspetta secondo gli scienziati dell’Ipcc, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero il braccio scientifico dell’Onu che si occupa di cambiamenti climatici. Un quadro quanto mai concreto se non decidiamo di invertire la rotta, a partire dai modelli agricoli intensivi. Modelli che stanno letteralmente consumando il nostro pianeta e minando il suo futuro.

Dal periodo preindustriale, denuncia lo studio, la temperatura sulle terre emerse del nostro pianeta è aumentata di 1,53 gradi centigradi. Alla crescita delle temperature, si aggiunge un altro dato allarmante: più di un quarto della terra del Pianeta è soggetto al “degrado indotto dall’uomo”. C’è dunque un nesso tra cambiamenti climatici e utilizzo delle risorse? Stando a quanto emerge dal nuovo studio dedicato al rapporto tra cambiamenti climatici e sfruttamento della terra (“Climate change and land”), il 23% delle emissioni di gas serra globali prodotte dall’uomo deriva da agricoltura industriale, silvicoltura, deforestazione e incendi ed è per questo che, sostengono gli scienziati, se vogliamo avere un futuro è necessario un cambiamento radicale (e globale) delle abitudini alimentari. In quale direzione?

Senza un cambio di passo più fame e migrazioni

Bisogna spostare i consumi verso alimenti a base vegetale riducendo quelli di carne. Questo diminuirebbe le emissioni di gas serra derivanti dagli allevamenti, liberando la terra per usi più sostenibili. Negli ultimi 60 anni, infatti, il consumo di carne è più che raddoppiato e il suolo – rileva lo studio – è stato convertito a uso agricolo a un ritmo senza precedenti nella storia umana. Altri dati, nella ricerca dell’Ipcc, evidenziano la necessità di riformare l’attuale sistema alimentare: nel mondo ci sono circa 2 miliardi di adulti in sovrappeso o obesi, mentre 821 milioni di persone sono denutrite.

Un cambiamento urgente perché il riscaldamento globale causato dall’uomo farà aumentare la siccità e le piogge estreme in tutto il mondo, pregiudicando la produzione agricola e la sicurezza delle forniture alimentari. A pagarne le conseguenze saranno soprattutto le popolazioni più povere di Africa e Asia, con guerre e migrazioni. Ma anche il Mediterraneo è ad alto rischio di desertificazione e incendi.

Il Mediterraneo tra le zone più vulnerabili

L’Ipcc nell’ottobre del 2018 aveva pubblicato il famoso rapporto sul clima che avvertiva che, se il mondo non riduce subito l’emissione dei gas serra, già nel 2030 il riscaldamento globale potrebbe superare la soglia di +1,5 gradi dai livelli pre-industriali. Il rapporto diffuso oggi si concentra sul rapporto fra il cambiamento climatico e il territorio, studiando le conseguenze del riscaldamento su agricoltura e foreste. È stato preparato da 66 ricercatori da tutto il mondo, fra i quali l’italiana Angela Morelli.

Anche con un riscaldamento globale a 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali (l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015), vengono valutati “alti” i rischi da scarsità d’acqua, incendi, degrado del permafrost e instabilità nella fornitura di cibo. Ma se il cambiamento climatico raggiungerà o supererà i 2 gradi (l’obiettivo minimo di Parigi), i rischi saranno “molto alti”.

Alti livelli di CO2 possono abbassare le qualità nutritive dei raccolti. Eventi atmosferici estremi possono portare alla rottura della catena alimentare, minacciare il tenore di vita, esacerbare i conflitti e costringere la gente a migrare.

Le zone tropicali e subtropicali saranno le più vulnerabili. Si prevede che Asia e Africa avranno il maggior numero di persone colpite dall’aumento della desertificazione, mentre Nord America, Sud America, Mediterraneo, Africa meridionale e Asia centrale vedranno crescere gli incendi.

Ipcc, agricoltura sostenibile e foreste contro crisi climatica

Come reagire? Produzione sostenibile di cibo, gestione sostenibile delle foreste, gestione del carbonio organico nel suolo, conservazione degli ecosistemi, ripristino del territorio, riduzione della deforestazione e del degrado, riduzione della perdita e dello spreco di cibo. Sono questi, secondo il rapporto dell’Ipcc, gli strumenti per ridurre le emissioni di gas serra, e quindi il riscaldamento globale, attraverso la gestione del territorio.

Secondo lo studio, alcune misure hanno un impatto immediato, mentre altre richiedono decenni per ottenere risultati. Sono immediatamente efficaci la conservazione degli ecosistemi che catturano grandi quantità di carbonio, come le paludi, le zone umide, i pascoli, le mangrovie e le foreste. Nelle grandi aree verdi, piante e alberi catturano l’anidride carbonica dell’atmosfera e la conservano in tronchi e foglie. Questi in seguito si decompongono a terra e lasciano la CO2 imprigionata nel terreno (il cosiddetto carbonio organico nel suolo).

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