L’intesa porta a un accordo commerciale che può essere utile a settori produttivi dei Paesi firmatari, ma contraddice gli impegni europei a salvaguardia del clima
di Antonio Cianciullo
Come dopo ogni grande accordo internazionale, tutti stappano bottiglie dicendo di aver vinto. E in effetti tutti quelli che si sono seduti al tavolo del Mercosur (l’intesa tra Unione europea da una parte e Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay dall’altra) portano a casa qualcosa dopo 20 anni di trattative. Cecilia Malmström, commissario Ue al Commercio vanta l’apertura di un mercato di 280 milioni di persone. L’Italia spera di dare spazio a settori come l’alimentare, l’abbigliamento, il calzaturiero. L’America latina apre una via commerciale indipendente dagli Stati Uniti e questo è un dato positivo per entrambe le parti in una stagione segnata da un trumpismo che tende a spazzar via il multilateralismo.
Mercosur, cosa manca
Da un punto di vista della diplomazia classica si può quindi dire che l’intesa (che dovrà essere ratificata dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dai Parlamenti nazionali) rafforza entrambe le parti. C’è però una terza parte che non si è seduta al tavolo negoziale pur avendone certamente il diritto, almeno dal punto di vista etico: l’ambiente. E, in questo caso, in modo specifico il grande assente è il rapporto tra agricoltura e clima, tra agricoltura e futuro.
“L’intesa contiene accordi generici sulla salvaguardia ambientale ma attiva dinamiche che vanno in senso inverso rispetto a quelle affermazioni. E non c’è nessun tribunale, nessun dispositivo internazionale in grado di correggere le storture che l’accordo causerà”, afferma Alberto Zoratti, presidente di Fairwatch e animatore della campagna Stop Ttip Italia. “Dal punto di vista teorico sono stati fatti passi avanti rispetto alle prime polemiche sul Wto, ma è grave che l’Europa firmi un accordo che porterà a un aumento della pressione ambientale in aree estremamente critiche”.
In particolare il processo di liberalizzazione progressiva di vendita della carne bovina rischia di mettere in crisi i produttori europei a causa della differenza di costi di produzione nelle due aree geografiche. E di incrementare l’assalto all’Amazzonia, soprattutto ora che a guidare il Brasile è Jair Bolsonaro, un sostenitore della riduzione della foresta pluviale e dei diritti dei suoi abitanti.
Se confrontiamo le regole europee in termini di pesticidi, ogm e diritti del lavoro con quelle dei Paesi latinoamericani che hanno aderito all’intesa vediamo che c’è una distanza consistente. In particolare il Brasile sta adottando politiche violentemente anti ambientali su pesticidi, tutela della foresta tropicale, protezione delle popolazioni native. L’intesa potrà contribuire a ridurre il gap? E in quale direzione?
Mercosur, la finestra per i produttori bio
L’accordo aprirà una finestra di export per i nostri produttori di alimenti biologici e di qualità, per i marchi territoriali e da questo punto di vista l’effetto potrà essere positivo. Ma cosa succederà dall’altra parte dell’Atlantico? Chi farà rispettare le regole ambientali richiamate nell’accordo? Chi ci proteggerà dai pesticidi autorizzati in Brasile e vietati in Europa?
In realtà le critiche non riguardano tanto il Mercosur quanto il livello generale dei trattati internazionali di commercio. Le norme a difesa dell’ambiente e del clima vengono strappate lentamente e in modo incompleto. E poi rischiano di restare inapplicate perché manca l’arbitro. Il commercio è più libero, ma anche l’assalto alla stabilità climatica.