A lanciare l’allarme è la Fao con il primo Rapporto sullo Stato della biodiversità nel mondo. Sono oltre 6 mila i tipi di piante coltivate a scopo alimentare, ma l’agricoltura intensiva ha eroso la diversità.
di Maria Pia Terrosi
Oggi i due terzi della produzione agricola mondiale si basano su sole 9 piante – canna da zucchero, mais, riso, grano, patata, semi di soia, olio di palma, barbabietola da zucchero e manioca – pur essendo oltre 6 mila i tipi di piante coltivate a scopo alimentare. E’ un dato che mette in luce l’estrema fragilità del nostro sistema agricolo e alimentare. Da una parte è minacciato dagli effetti del cambiamento climatico (siccità, alluvioni, eventi atmosferici estremi). Dall’altra è messo seriamente a rischio dalla perdita di biodiversità, il cui declino rappresenta una minaccia per la produzione di cibo e la sicurezza alimentare di milioni di persone.
L’allarme targato Fao
A lanciare l’allarme è la Fao – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – che nel primo Rapporto sullo Stato della biodiversità nel mondo (The state of the world’s biodiversity for food and agriculture) ha fotografato la situazione attuale. Lo studio – che si basa sul lavoro di 91 Paesi – ha analizzato sia il livello della biodiversità per l’alimentazione e l’agricoltura (lo stato delle piante coltivate e delle specie selvatiche, animali domestici, bestiame, foreste e acquacoltura), che quello della biodiversità associata, ovvero di tutti gli organismi viventi che comunque contribuiscono al funzionamento del sistema. Fattore non trascurabile se si pensa, per esempio, che tre quarti delle coltivazioni che producono semi o frutti per l’alimentazione umana dipendono in qualche misura dagli insetti impollinatori.
Bisogna agire subito
Difendere la biodiversità vuol dire difendere il sistema agricolo che grazie a essa viene rafforzato e reso più resistente a stress e shock di vari genere anche legati ai cambiamenti climatici. Ma bisogna agire subito: oltre 26.500 sono le specie in via estinzione, tra animali e vegetali. A rischio quasi un quarto delle 4 mila specie selvatiche – piante, pesci mammiferi – essenziali all’alimentazione di molte popolazioni nel mondo. E la situazione – ammonisce la Fao – sta degenerando rapidamente: tra il 2000 e 2018, più di 150 razze di bestiame si sono estinte.
E’ evidente che sono molti i fattori che mettono a rischio la biodiversità. Tra questi ci sono cambiamenti climatici, disastri naturali, urbanizzazione, degrado degli habitat, inquinamento, utilizzo di fitoformaci, eccessivo sfruttamento delle risorse, erronee politiche agricole e commerciali.
Fermare l’agricoltura intensiva
Per disinnescare questa minaccia occorre anche interrompere il circolo vizioso che vede l’agricoltura da una parte indebolita dalla perdita di biodiversità, ma dall’altra costituire essa stessa un fattore di grande criticità. Basti pensare all’eccessivo sviluppo dell’agricoltura intensiva che ha distrutto grandi aree forestate, portando alla perdita significativa di habitat naturali e di specie animali. Oppure alla pressione eccessiva esercitata dall’attività di pesca sugli stock ittici (nel 2015 un terzo era sovrasfruttato e il 60% era al massimo sostenibile di sfruttamento): uno squilibrio che ha avuto effetti anche sulla disponibilità di cibo per gli uccelli e sulla loro sopravvivenza.
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