Rapporto Ispra: i pesticidi aumentano invece di diminuire

Via subito i contributi a chi inquina con glifosato e altri diserbanti

di Redazione

Roma, 10 maggio 2018 – I pesticidi nelle acque sono in aumento e i livelli di contaminazione sono sopra i limiti in quasi un quarto dei punti di monitoraggio delle acque superficiali. Il glifosato, particolarmente nella forma del suo metabolita AMPA, arriva a superare gli standard di qualità delle acque in quasi il 48% dei siti monitorati. Il rapporto nazionale pesticidi nelle acque, presentato oggi da Ispra, disegna una mappa dei corsi d’acqua e delle stesse falde sotterranee in cui la contaminazione da pesticidi continua a crescere e in cui – paradossalmente – sostanze come l’atrazina, bandite ormai 26 anni fa dai nostri campi, continuano a girare indisturbate nelle acque che poi ricaricano i nostri acquedotti. L’atrazina supera infatti i limiti di concentrazione consentita nell’8,3% dei punti di analisi delle acque sotterranee.

Nelle circa due milioni di misurazioni effettuate dal sistema delle ARPA per Ispra, sono state trovate tracce di pesticidi nel 67% dei punti monitorati nelle acque superficiali: due anni fa le sostanze inquinanti erano state rilevate in una quantità minore di punti, il 63,9%. Per le acque sotterranee le analisi hanno rintracciato fertilizzanti e fitofarmaci nel 33,5% dei punti: nel rapporto 2013-2014, le analisi che rilevavano tracce di inquinanti avevano interessato il 31,7% del totale.

Anche il numero dei composti chimici aumenta: le analisi Ispra hanno individuato 259 sostanze contro le 224 del rapporto precedente e sulle 400 correntemente utilizzate nei nostri campi, oltre che come insetticidi casalinghi e disincrostanti per barche. Il glifosato presenta il maggior numero di superamenti delle soglie (24,5% dei casi) e il suo metabolita AMPA (prodotto dalla naturale degradazione della sostanza) sfora i limiti in quasi la metà dei punti di controllo, il 47,8%. Ma sono numerosi gli sforamenti dei tre neonicotinoidi il cui uso è stato proibito solo qualche giorno fa dall’Unione Europea.

“La situazione, nonostante una generale tendenza alla diminuzione delle vendite dei pesticidi e diserbanti, è molto grave: nelle nostre acque e quindi in tutto l’ambiente e nella catena alimentare, i residui di sostanze che sono tossiche per la vita anche in concentrazioni infinitesimali stanno aumentando. Il caso dell’atrazina è emblematico: ancora supera i limiti nelle acque sotterranee. Di fatto abbiamo preso una sostanza fortemente dannosa e l’abbiamo messa ‘in cassaforte’, nelle falde acquifere”, sottolinea Maria Grazia Mammuccini, portavoce della campagna Cambia la Terra, promossa da FederBio con Isde- medici per l’Ambiente, Legambiente, Lipu e WWF.

“Il punto è che si spendono soldi pubblici per ridurre l’uso dei pesticidi e invece i pesticidi nelle acque aumentano. La prima richiesta che il mondo del bio e gli ambientalisti fanno è che nell’utilizzo dei fondi europei della PAC e dei PSR sia data priorità a chi non usa chimica di sintesi come il biologico e biodinamico e che si sospendano con effetto immediato i sussidi e le sovvenzioni a chi utilizza prodotti altamente inquinanti per le falde acquifere come i diserbanti a partire dal glifosato.

E’ necessario inoltre che in questa fase di revisione del Piano d’azione nazionale per la riduzione dei pesticidi ( PAN ) si appilichino in maniera vincolante le linee guida per la tutela delle acque e siano definite misure concrete e vincolanti a partire dalle distanze sicurezza rispetto alle aree pubbliche frequentate dalla popolazione, alle abitazioni e alle coltivazioni biologiche per evitare la contaminazione. Non si tratta di vietare, ma di chiarire che il sistema agroindustriale non può essere l’unico che sfugge alla regola del ‘chi inquina paga’”.

“Le misure in atto – continua Mammuccini – non bastano: bisogna cambiare modello agricolo. Vediamo dalle mappe Ispra che la situazione più critica per l’inquinamento è in Pianura Padana: certo questo dipende dall’esistenza di una rete maggiore e più efficace che nel resto dell’Italia, ma anche dal fatto che lì si concentra il massimo dell’agricoltura intensiva e industriale del nostro paese. Il punto è prendere atto delle alternative che ci sono soprattutto per eliminare almeno le sostanze che maggiormente sono state individuate nelle acque, i diserbanti”.

 

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