Glifosato, Agenzie europee contestate: hanno sottovalutato i dati

Uno studio appena pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health contesta i metodi dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche e l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare per autorizzare il rinnovo quinquennale dell’erbicida: vi è stata “un’attenuazione arbitraria delle analisi statistiche e una errata valutazione delle relazioni esistenti dose-risposta e degli effetti cancerogeni”

di Goffredo Galeazzi


La decisione di due autority comunitarie – l’Agenzia per la sicurezza alimentare (EFSA) e l’Agenzia per le sostanze chimiche (ECHA) – di non classificare il glifosato come cancerogeno non è coerente con i documenti di orientamento e guida che devono essere applicati nell’Unione europea. Inoltre c’è stata un’attenuazione arbitraria da parte delle autorità di vigilanza delle evidenze statistiche e un’errata valutazione degli effetti cancerogeni. E’ la pesante analisi contenuta nello studio “Pesticidi e salute pubblica: un’analisi dell’approccio normativo alla valutazione della cancerogenicità del glifosato nell’Unione europea” appena pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health.

Secondo i ricercatori, vi sono ulteriori aspetti utilizzati “in modo errato”, quali i dati di controllo storici e la progressione delle neoplasie. “Contrariamente alle valutazioni delle autorità, una corretta applicazione dei metodi statistici e dei criteri di peso dell’evidenza (WoE) porta inevitabilmente alla conclusione che il glifosato è probabilmente cancerogeno (corrispondente alla categoria 1B nell’Unione europea)”.

“Il motivo principale dell’EFSA e dell’ECHA per non classificare il glifosato come cancerogeno sembra essere incoerente e, in alcuni casi, una diretta violazione dei documenti di orientamento e guida pertinenti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dell’ECHA stessa”, si legge ancora nello studio. Secondo il regolamento europeo sui pesticidi, ricordano i ricercatori, una sostanza chimica è classificata come cancerogenica di categoria 1B (presunta cancerogena per l’uomo) se vi sono “prove sufficienti di cancerogenicità” negli animali da esperimento.

Dopo la pubblicazione della monografia IARC, che indica il glifosato come “probabilmente cancerogeno”, l’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BfR) ha rianalizzato i dati e ha aggiunto un’appendice alla propria relazione in cui afferma di aver identificato 11 incidenza del tumore significativamente aumentate in due studi sui ratti e cinque sui topi. Questa rianalisi è stata la base per la conclusione dell’EFSA e in sostanza per il parere dell’ECHA. Secondo la normativa applicabile, questi 11 risultati statisticamente significativi sono più che sufficienti per classificare il glifosato come “presunto cancerogeno per l’uomo” (categoria 1B). Tuttavia, nonostante ciò, entrambe le autorità, pur sostenendo di aver utilizzato un approccio “prova dell’evidenza” (WoE), hanno concluso che questi risultati non giustificavano nemmeno una classificazione di categoria 2 (“sospetto cancerogeno per l’uomo”) e hanno classificato il glifosato come non cancerogeno. Come dimostrato nello studio, questa affermazione è basata su molteplici deviazioni da un uso corretto di elementi importanti di WoE.

“L’applicazione di regole e linee guida esistenti e un approccio WoE trasparente supportano la scoperta di effetti tumorali statisticamente significativi causati dal glifosato e garantiscono la sua classificazione come presunto cancerogeno per l’uomo”.

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