Allarme dell’ONU: ogni anno si perdono 24 miliardi di tonnellate di terra fertile anche per colpa di urbanizzazione, cambiamento climatico, erosione e perdita di foreste. La soluzione? Vanno abbandonati i sistemi di coltivazione impattanti, governi e imprese trovino nuove strategie e modelli di sviluppo per la produzione alimentare.
di Simonetta Lombardo
Un terzo delle terre coltivabili sul pianeta è gravemente degradato, e la corsa all’autodistruzione delle risorse non si arresta. Ogni anno si perdono 24 miliardi di tonnellate di terra fertile e le responsabilità sono da imputare in massima parte all’agricoltura industriale. Globalmente dal 2000 al 2013 sono stati persi 2,3 milioni di chilometri quadrati di foreste. Dal 1998 al 2013 circa il 20% delle terre coltivate ha registrato un declino della produttività. Il degrado delle terre coltivabili contribuisce al cambiamento climatico e aumenta la vulnerabilità di milioni di persone, soprattutto poveri, donne e bambini. La gravità della situazione è tale che le Nazioni Unite hanno chiesto un abbandono dei sistemi di coltivazione impattanti, sollecitando i governi e le imprese a trovare nuove strategie e modelli di sviluppo per la produzione alimentare. L’allarme è contenuto nel Global Land Outlook, il rapporto sullo stato dei suoli nel mondo, redatto dagli esperti della Convenzione ONU per combattere la desertificazione (UNCCD).
Il calo allarmante, che si prevede continuerà a far crescere la domanda alimentare e di terreni produttivi, complice anche la crescita della popolazione, accrescerà i rischi di conflitti come quello di Sudan e Ciad, a meno che non siano attuate azioni correttive.
“Mentre l’approvvigionamento da terreni sani e produttivi si riduce e la popolazione cresce, aumenta la concorrenza per la terra nei paesi e nel mondo – ha dichiarato Monique Barbut, segretaria esecutiva dell’UNCCD – per ridurre al minimo le perdite, le prospettive suggeriscono che sia interesse di tutti tornare indietro e ripensare a come gestire le pressioni e la competizione”. Il Global Land Outlook tiene in considerazione la somma di diversi impatti: urbanizzazione, cambiamento climatico, erosione e perdita di foreste. Ma il fattore più importante è l’espansione dell’agricoltura industriale. La coltivazione con metodi intensivi, i raccolti multipli e l’uso di prodotti agrochimici come pesticidi, erbicidi e fertilizzanti azotati, nel breve hanno aumentato le rese, a scapito della sostenibilità a lungo termine. Negli ultimi 20 anni la produzione agricola è aumentata tre volte e la quantità di terra irrigata è raddoppiata, rileva un documento del Centro comune di ricerca (CCR) della Commissione europea dello scorso giugno. Nel tempo, tuttavia, questo diminuisce la fertilità e può portare all’abbandono della terra e alla fine alla desertificazione. Secondo il rapporto europeo, la riduzione della produttività si osserva sul 20% del terreno agricolo a livello mondiale, il 16% di quello forestale, il 19% dei prati e il 27% dei pascoli.
La cattiva gestione dei terreni nel vecchio continente causa la perdita per erosione di circa 970 milioni di tonnellate l’anno, con impatti non solo sulla produzione alimentare, ma sulla biodiversità, la riduzione del carbonio assorbito e della resistenza agli eventi meteorologici più intensi.
Trovate il rapporto UNCCD a questo link