Le istituzioni comunitarie hanno raggiunto l’accordo politico sulle nuove regole per la coltivazione e la commercializzazione dei prodotti da agricoltura biologica. Il nuovo regolamento UE entrerà in vigore dal 2020.
di Goffredo Galeazzi
Dopo oltre tre anni di negoziazione, nella serata di mercoledì 28 giugno le istituzioni comunitarie hanno raggiunto l’accordo politico sulle nuove regole per la coltivazione e la commercializzazione dei prodotti da agricoltura biologica. A un passo dal fallimento solo due settimane fa, dunque, il negoziato sulla proposta di riforma ha ripreso slancio grazie allo stralcio di due punti di disaccordo: i Paesi come l’Italia, che hanno in vigore valori limite per la contaminazione accidentale di prodotti bio da pesticidi non autorizzati, potranno infatti mantenerli, con la Commissione che potrebbe proporre una legislazione sul tema non prima del 2024. Fino al 2030, poi, saranno bloccate le deroghe per la coltivazione in serra richieste da alcuni paesi del Nord Europa. Il compromesso raggiunto da Commissione europea, Consiglio UE e Europarlamento prevede inoltre un giro di vite sui controlli, anche per la vendita al dettaglio, l’ampliamento della platea di prodotti che potranno ottenere la certificazione bio (sale, sughero, cera d’api), un regime di certificazione di gruppo per le piccole aziende agricole e norme più stringenti sulle importazioni. Il nuovo regolamento UE sul biologico entrerà in vigore dal 2020.
Più volte data per fallita, la riforma che supera il regolamento del 2007 scaturisce da un iter lunghissimo. La prima bozza di regolamento è stata presentata nel marzo 2014 e il negoziato tra le istituzioni europee si è concluso con un accordo di compromesso solo ora. L’obiettivo delle nuove regole è rinnovare la fiducia dei consumatori e rilanciare le produzione europea, visto che l’aumento del fabbisogno viene coperto soprattutto grazie alle importazioni da Paesi extra-Ue. Per contrastare le frodi, si fissa l’obbligo di controlli in loco una volta l’anno su tutti gli operatori della filiera, incluse la vendita al dettaglio. Le ispezioni saranno meno frequenti, una ogni due anni, per coloro che risultano in regola per tre anni di fila. I prodotti bio importati da Paesi terzi dovranno rispettare il principio di conformità agli standard europei.
Dal punto di vista della produzione, saranno creati database sui semi bio in modo da facilitare l’incontro tra domanda e offerta. Le aziende che producono sia con metodo bio che convenzionale (cosiddette miste) potranno continuare a esistere a condizione che le due attività siano chiaramente distinte e separate. I produttori con aziende di piccole dimensioni potranno aggregarsi e ottenere una certificazione di gruppo.
L’accordo tra le istituzioni Ue “eliminerà gli ostacoli allo sviluppo sostenibile della produzione biologica nell’Ue – ha commentato il commissario UE all’agricoltura Phil Hogan – riteniamo che il nuovo quadro legislativo corrisponda al dinamismo e alle aspettative di questo settore in rapida crescita, supporti il suo sviluppo e la sua capacità di innovare e lo aiuti a raggiungere il suo pieno potenziale. Ora – ha concluso Hogan – il testo di compromesso dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri dell’Agricoltura”.
Di “occasione mancata” parla invece il relatore ombra per l’Europarlamento Marco Zullo (M5S), soprattutto in riferimento alla presenza di residui di pesticidi. “In Italia – ricorda Zullo – abbiamo standard elevati e questa era l’occasione per far sì che anche gli altri Stati si adeguassero”.
“Alla fine la montagna ha partorito un topolino”, è il commento di Aiab. “Rispetto al rischio di considerare biologico il fuorisuolo e certificare ugualmente come bio anche i prodotti con residui per contaminazione accidentale – ha detto Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab – è indubbiamente un risultato a cui, va detto, ha contribuito la posizione ferma del nostro ministero che su questioni nodali ha fedelmente rappresentato il parere del tavolo tecnico per l’agricoltura biologica a cui noi partecipiamo”. Dal punto di vista delle premesse e dell’importanza dei temi in discussione, secondo Aiab è, invece, un’occasione persa.